Banchi vuoti: baby alunni, pochi e “tassati”

di Milani

Crollo demografico, meno alunni alle scuole dell’infanzia. La provincia di Varese, unica in Lombardia con oltre il doppio di materne paritarie rispetto a quelle statali, perde terreno a livello regionale e mette una serie ipoteca sul proprio futuro

di Chiara Milani

Le cause sono sempre complesse da interpretare. E spesso sono molteplici. Basta però dare un’occhiata ai dati della scuola in Lombardia per preoccuparsi del futuro del Varesotto.

Campanelli d’allarme

Il Varesotto è in preda a un crollo demografico verticale negli ultimi 8 anni. A questo aggiungiamo un singolare primato a livello regionale, con oltre il doppio delle scuole dell’infanzia che sono non statali (e dunque a pagamento). Il risultato è che, pure essendo quarta per popolazione, la nostra provincia è soltanto settima per numero di alunni che frequentano la materna. Un campanello d’allarme che andrebbe ascoltato.

Crollo demografico

Guardando la distribuzione della popolazione per età scolastica pubblicata su Tuttitalia.it, si nota che la Lombardia dal 2010 al 2017 è calata di un quinto delle nascite (da 100 a 80mila circa). Un dato che nel Varesotto è persino peggiore, con la perdita di ben un quarto delle culle residenti qui (da 8.800 allievi a 6.600). Gli italiani fanno meno figli? Gli stranieri se ne vanno? Magari entrambe le cose. Fatto sta che, di questo passo, il calo demografico procede spedito.

Il primato delle scuole a pagamento

Alla carenza di bebè si somma un caso unico in Lombardia: numeri dell’Ufficio scolastico regionale alla mano, le scuole dell’infanzia statali nel Varesotto sono 86, contro 193 che non lo sono. Un dato a cui si avvicina soltanto Bergamo, con 121 istituti gratuiti contro 229 a pagamento. Il risultato è che da noi oltre 15mila bimbi frequentano le materne paritarie contro meno di 7mila che hanno il servizio assicurato dallo Stato.

Settima posizione

Così, se mediamente in tutti gli altri ordini il Varesotto è in quarta posizione nella “classifica” lombarda o alla peggio in quinta, quando si arriva all’istruzione di chi ha tra 3 e 5 anni ottiene il piazzamento peggiore, con un settimo posto.

“Tradizione legata agli istituti religiosi”

“Da noi c’è una massiccia tradizione legata agli istituti religiosi nell’educazione dell’infanzia”, commenta Claudio Merletti, dirigente dell’ufficio scolastico provinciale: “Quindi qui su 10 bambini 7 vanno agli istituti paritari”. Il che, legato alla crisi economica, può forse anche significare che c’è qualche bimbo in più a casa. Del resto, se è vero che la popolazione residente tra 3 e 5 anni nel Varesotto è di circa 24mila piccoli e che solitamente gli iscritti vivono vicino alla scuola, vuol dire che circa duemila non frequentano la materna. Cioè, vengono curati dalla mamma, dai nonni o da una baby sitter fino a quelle che venivano chiamate elementari. Per scelta o per soldi.

Primaria, poche classi a tempo pieno

In quanto ad accudimento dei bambini da parte dei familiari, un altro dato significativo è che, per quanto riguarda le classi delle primarie che fanno il tempo pieno, nella nostra provincia sono poco più di un quarto (27,5%), contro una media regionale della metà (49,5%), posizionando così in mezzo alla classifica lombarda.

Il caso delle superiori

Peraltro, l’unico altro posizionamento fuori media riguarda ancora una volta la scuola a pagamento, ma in questo caso la secondaria di secondo grado, per cui Varese è seconda in Lombardia dopo Milano, con 53 realtà. Anche se in questo caso quelle statali sono di più (68), mentre per esempio a Como in questa fascia d’età il numero è pressoché pari (29 e 30).

Meno studenti nei licei, più negli istituti tecnici

Un’altra curiosità che emerge dalla fotografia della scuola all’inizio dell’anno 2018-2019 è che, sempre rispetto al resto della Lombardia, il Varesotto ha in percentuale meno ragazzi che frequentano i licei (scelti dal 44,3%, contro il dato del 47,1%) e di contro di più che optano per gli istituti tecnici (40,2 % anziché 36,9%), a cui si aggiungono gli studenti delle scuole professionali (circa il 15-16%, in linea con la media regionale).

“Passaporto per il futuro”

Per tutti vale comunque l’augurio fatto ai ragazzi all’inizio di quest’anno scolastico dal direttore generale dell’Ufficio scolastico per la Lombardia, Delia Campanelli: “La formazione e il sapere sono il nostro passaporto per il futuro, perché ci aiutano a scoprire le nostre capacità, le nostre attitudini e ci guidano nelle scelte di vita che faremo”.

 

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