Cronache epiche

di Andrea Mallamo

Come giornalisti e scrittori hanno contribuito a fare entrare i grandi atleti nel cuore del pubblico

di Luigi Cazzola

 

Il ciclismo è entrato nel cuore della gente non soltanto per merito delle imprese dei grandi campioni, ma anche grazie ai racconti di queste grandi imprese. Molto spesso queste narrazioni, per via della loro  forma e dei loro contenuti, hanno assunto la veste di vera e proprio prosa. Famosi giornalisti e persino scrittori, al seguito delle grandi corse, dal Giro d’Italia al Tour de France, dalla Milano – Sanremo al Campionato del mondo, hanno scritto e ancora scrivono pagine memorabili, pure dal punto di vista letterario. Inoltre radiocronisti e telecronisti, attraverso il microfono, hanno fatto vivere le corse ad ascoltatori e telespettatori, e tuttora le   fanno rivivere, facendo cultura e, al contempo, spettacolo. 

 

Quella frase leggendaria

Al Giro d’Italia del 1947, Vasco Pratolini, inviato per il Nuovo Corriere di Firenze, scriveva cronache indimenticabili, narrando non soltanto le gesta dei corridori, ma soffermandosi anche sul pubblico e su quanto accadeva ai bordi delle strade, ancora piene di macerie provocate dalla guerra. Nell’edizione del 1949, Mario Ferretti, il mitico radiocronista di ciclismo del dopoguerra, nel raccontare la famosa tappa Cuneo – Pinerolo, dominata da Fausto Coppi, apriva la sua radiocronaca con una frase che è poi diventata leggendaria. “Un uomo solo è al comando , la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. Al termine della stessa tappa, Dino Buzzati, inviato per il Corriere della Sera, descriveva il duello tra Coppi e Bartali, il vincitore e lo sconfitto di giornata, accostando questi due campioni addirittura agli eroi omerici Achille e Ettore : “Quando oggi, su per le terribili strade dell’Izoard, vedemmo Bartali che da solo inseguiva a rabbiose pedalate, tutto lordo di fango, gli angoli della bocca piegati in giù per la sofferenza dell’anima e del corpo – e Coppi era già passato da un pezzo, ormai stava arrampicando su per le estreme balze del valico – allora rinacque in noi, dopo trent’anni un sentimento mai dimenticato. Trent’anni fa vogliamo dire, quando noi si seppe che Ettore era stato ucciso da Achille”. 

 

Commenti emozionanti

In seguito, nel 1968, in un ciclismo che aveva già assunto un’altra veste, Nando Martellini, che sarebbe poi diventato la voce televisiva del calcio, e Adriano De Zan, che sarebbe invece diventato la voce televisiva del ciclismo, il primo dalla postazione d’arrivo e il secondo dalla moto, commentavano la grande impresa di Vittorio Adorni al Campionato del mondo di ciclismo su strada di Imola, regalando infinite emozioni al pubblico incollato alla televisione. Altrettanti emozioni infondeva ai lettori della Gazzetta Dello Sport lo straordinario giornalista Bruno Raschi, il quale così raccontava l’arrivo: “Adorni è spuntato sul traguardo quando rintoccavano le 17. Pedalava nell’onda piena del sole, vibrando di fatica e di emozione, le spalle ridotte a due piccole ali che acceleravano i battiti sul manubrio, una gamba, la sinistra, leggermente fuori quadro, eccezione del suo stile spurio, inconfondibile”.

 

Un uomo diventato mito

Sono state inoltre scritte molte biografie di campioni di ciclismo, a partire da quelle di Alfredo Binda, pubblicate negli anni Trenta, fino a quelle dei campioni dei giorni nostri.  Il campione per il quale è stato scritto il maggior numero di libri è Fausto Coppi. Sulla vita e sulle imprese di questo campione sono stati dati alle stampe un centinaio di libri, dagli anni Quaranta fino ad oggi, e questo numero è destinato ancora ad aumentare, trattandosi di un uomo che è diventato mito.          

In foto, la biografia del campione di Cittiglio Alfredo Binda scritta nel 1933, una delle prime di ciclismo                     

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