Perché il bello ci fa bene

di Andrea Mallamo

Di fronte a quanto sta accadendo, ci siamo rivolti a Camilla Callegari, professore associato di Psichiatria all’Università dell’Insubria, chiedendole di spiegare ai nostri lettori in che modo arte e cultura possano aiutarci a superare il lungo “brutto periodo” che stiamo attraversando

di Camilla Callegari 

La pandemia con tutto il suo carico di angoscia ci ha lasciati sgomenti per prima e ora, forse ancora di più, la guerra in Ucraina: una fra le tante nel mondo, ma così terribile, vicina geograficamente e potenzialmente una minaccia più concreta.

La reazione al dolore in diretta

E’ una guerra che, nell’epoca della comunicazione mediatica, accade in diretta, con testimonianza in tempo reale della tragicità degli eventi, della distruzione, dell’orrore, della sofferenza indicibile delle persone. Tanto dolore che scatena tuttavia inevitabilmente altrettanta e forse più grande volontà di aiutare, accogliere, abbracciare, trovare soluzioni di un buon senso comune che prevalga sull’insensatezza, per salvare gli altri e salvare noi stessi.

L’incomprensibile

L’umanità tuttavia è complessa. Parrebbe incomprensibile come i ricorsi storici siano inevitabili, come non sia possibile aver compreso dai precedenti errori, come di nuovo una guerra possa trovare spazio invece della ragionevolezza che preluda e dia sostanza alla pace fra i popoli. Come invece di spendere fortune per gli armamenti non si possano nutrire le popolazioni che non hanno cibo.

Come in un film

La sofferenza delle persone può non essere qualcosa di sempre tollerabile sul piano emotivo. La mente umana può non farcela e cercare vie di fuga, più o meno efficaci. Un po’ come quello che si cerca di fare con i bambini ai quali raccontare la verità attraverso storie, che possano aiutarli ad accettare anche le esperienze più drammatiche della loro vita. Per esempio, nel film La vita è bella, il gioco inventato dal protagonista per il suo bambino in un lager nazista, oppure “i pensieri felici” di Peter Pan, a cui ricorrere “per continuare a volare”, metafora questa del conservare alla mente la facoltà di pensare liberamente, di dare spazio all’immaginazione e alla fantasia, alla creatività. 

La difesa della cultura

Cose buone e belle contrapposte a cose cattive sono state fatte agli esseri umani, da altri come loro in ogni conflitto: le peggiori per il folle desiderio di alcuni di annientare la dignità, la cultura, il pensiero, la creatività di loro simili. Sono stati distrutti ciclicamente anche gli stessi simboli delle civiltà e della loro cultura: i libri, i monumenti, le opere d’arte, le espressioni artistiche, ovvero tutte quelle della multiforme creatività umana, che tuttavia persone diverse hanno irriducibilmente lottato per custodire e tramandare. 

Bellezza “salvifica”? 

Anche da questa guerra arrivano immagini di pianoforti suonati in mezzo alle macerie, del violoncellista che suona Bach tra le rovine di Kharkiv e quotidiane sono le notizie di giovani artisti accolti da altri Paesi perché possano continuare a coltivare la loro disciplina, di opere d’arte contese fra musei, di manifestazioni artistiche, culturali, sportive difese e a difesa della volontà di contrapporre, di far prevalere l’opposto: la pace, la continuità anche della bellezza che, non salvifica di per sé, ma quale espressione della creatività umana, non può essere annientata fintanto che la creatività continua a esprimersi.

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