Il senso della meraviglia

di Andrea Mallamo

Monsignor Claudio Livetti, avendo superato il traguardo dei 90 anni, ricorda come visse da ragazzino la notizia della fine della guerra in Italia e affida a queste pagine il suo auspicio per i giovani d’oggi, dall’Italia all’Ucraina

La bellezza della pace

Dostoevskij scrive nel romanzo L’idiota: “La bellezza salverà il mondo”. Questa affermazione, nelle ore infuocate di strage in Ucraina, suscita emozione e speranza: la bellezza della pace. Uno dei giorni più belli della mia vita fu il 25 aprile 1945. Frequentavo la terza media. A metà mattina entrò in classe la preside, invitandoci ad andare a casa, perché la guerra era finita e i tedeschi erano in fuga. Una gioia pazza prese me e i miei compagni: finiva la guerra, cioè la fame per il cibo razionato, la paura dei bombardamenti, il coprifuoco … e soprattutto la dominazione nazifascista. 

Auguro ai bambini dell’Ucraina e di tutte le altre nazioni, dove si combatte una guerra, di avere un gioioso annuncio di pace come quello che ho sperimentato io a 14 anni! A nome del mondo degli adulti, chiedo scusa a tutti i ragazzi, anche a quelli di casa nostra: ”siete stati costretti a vivere la “guerra” del Covid 19, con lo spettacolo della colonna dei camion militari che portavano vie le bare, adesso vi costringiamo a vedere città bombardate e mamme in fuga coi loro bambini”. 

Ai ragazzi colpiti dalla tragedia della guerra auguro un futuro in cui possano masticare sempre il pane soffice della pace e dipingere la pace come leggiamo in questa bella poesia, trovata nello zainetto di Tali Sarek, una ragazzina israeliana preadolescente al tempo della guerra del Kippur: ”Avevo una scatola di colori / brillanti, decisi e vivaci. / Avevo una scatola di colori, / alcuni caldi, altri molto freddi. / Non avevo il rosso per il sangue dei feriti. / Non avevo il nero per il pianto degli orfani. / Non avevo il bianco per le mani e il volto dei morti. / Non avevo il giallo per le sabbie ardenti. / Ma avevo l’arancio per la gioia della vita. / E il verde per i germogli e i nidi. / E il celeste dei chiari cieli splendenti. / E il rosa per i sogni e il riposo. / Mi sono seduta e ho dipinto la pace”.

La bellezza del pianeta

Ce lo troviamo come dono, ma forse ne abbiamo una visione meccanica, di cui siamo i guastatori e potremmo essere i riparatori. Difficilmente permettiamo allo stupore di colpirci. Nella natura è presente il segreto indecifrabile della bellezza, capace di suscitare in noi la nostalgia di qualcosa che ci riguarda, che ci fa rimanere a bocca aperta di fronte ai prodigi naturali. Chesterton diceva che il mondo finirà quando finirà il senso della meraviglia. Quanta capacità di meraviglia è rimasta ai nostri giorni? E che ne sarà per i nostri ragazzi, immersi nella realtà virtuale che ha divorato quella naturale e che sta crescendo sempre più? Non servirà molto essere condizionati e intrigati da un turbinio di informazioni, che li avvolge prepotentemente e offre continue risposte senza che prima sia sorto in loro la curiosità e la domanda. Le risposte senza domanda sono come le foglie che cadono al suolo e il vento fa vorticare nell’aria. Riportiamo i ragazzi ad essere esploratori appassionati della natura, ad avvicinarla con sana curiosità, a sentirsi a proprio agio in un giardino, un parco, un bosco, senza allarmarsi per un insetto visto per la prima volta, senza drammatizzare per uno sfioramento di ortica o la puntura di un rovo. Gli scienziati chiamano il pianeta “cosmo” che è sinonimo di bellezza. I credenti lo chiamano “creato”, cioè opera di una Bellezza superiore. Era la visione contemplativa espressa dal poverello di Assisi nel Cantico di frate sole.

La bellezza dell’arte

Al linguaggio universale di ordine e armonia, presenti nella natura, ben si accosta il messaggio dell’arte. L’artista è l’essere umano dotato di un eccezionale talento che lo rende capace di evocare la profondità del cuore umano, di esprimere la sovrabbondanza della ricchezza interiore e di coinvolgere i propri simili all’ammirazione del bello. I protagonisti dell’arte figurativa, poetica, letteraria o musicale spalancano una finestra nel mondo del bello e del bene. Va riconosciuto il compito storico della cultura cristiana, che si è differenziata da quella ebraica e musulmana, fortemente ostile alle raffigurazioni, e ha promosso la possibilità di vedere i graffiti delle catacombe, gli affreschi di Giotto, i mosaici di Ravenna e Venezia, le Stanze di Raffaello nei musei vaticani. Fino al periodo dell’umanesimo e del rinascimento l’arte era prevalentemente sacra, poi ha avuto giustamente un’apertura al profano. Le vetrate delle cattedrali hanno salvato la cultura del popolo, che era prevalentemente analfabeta, facendogli leggere la Bibbia con Immagini. Era infatti la Biblia pauperum. Noi italiani, nonostante i furti napoleonici e certe spericolate vendite, abbiamo un patrimonio artistico di grande spessore, di cui siamo custodi e fruitori. Le nostre accademie e i nostri artisti incrementano questo patrimonio. Noi lo vogliamo sempre più bello, lo facciamo gustare ai nostri ragazzi e facciamoli inorridire di fronte agli scempi dell’Isis che azzerano le tracce del passato 

In foto: Monsignor Claudio Livetti sull’altare, davanti alla Madonna dell’Aiuto che, secondo quanto si narra, fermò la peste alzando il braccio mentre i bustocchi la portavano in processione

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