Giuliano Illiani, in arte Donatello, è una voce che ha segnato un’epoca. Con il suo talento multiforme, ha conquistato il pubblico italiano spaziando dalla musica al grande schermo, fino alla TV. Oggi, a 77 anni, ci racconta il suo viaggio, tra hit indimenticabili e nuove sfide creative.
Gli anni di Sanremo sono ancora vivi nella tua memoria?
Assolutamente sì, dal ’70 al ’73 è stato un turbine. Quattro edizioni consecutive, con pezzi come “Io mi fermo qui” coi Dik Dik e “Ti voglio”, mi hanno fatto sentire al centro della scena. Il pubblico cantava con me, e quel calore è indimenticabile. Sanremo era una vetrina unica, un mix di tensione e magia.
Cosa ti ha portato a vincere il Festival di Venezia nel ’71?
“Malattia d’amore” è stata una canzone che ha colpito nel segno. Aveva un testo semplice ma profondo, e la melodia arrivava dritta al cuore. Vincere a Venezia è stato un riconoscimento che mi ha spinto a credere ancora di più nel mio percorso musicale.
Il cinema come è entrato nella tua vita?
Nel ’74, con “Diario di un Italiano” insieme a Mara Venier, ho trovato un modo nuovo per esprimermi. Recitare e comporre la colonna sonora mi ha permesso di unire immagine e suono, un’esperienza che mi ha arricchito e che ricordo con piacere.
E il teatro, come lo hai vissuto?
“Caino e Abele” negli anni ’80 con Tony Cucchiara è stato un tuffo nel teatro musicale. Cantare e recitare insieme dava una dimensione diversa alle mie canzoni, quasi tridimensionale. È stata una sfida che mi ha fatto crescere artisticamente.
“Musicaglie” in TV è stato un esperimento importante, vero?
Sì, negli anni delle TV private ho voluto esplorare la televisione con “Musicaglie”. Parlare di musica in modo semplice e diretto, con un po’ di sperimentazione, mi ha permesso di raggiungere un pubblico diverso. È stato un successo che mi ha sorpreso.
Cosa rappresenta “Ballando al buio” oggi?
ÈandoliÈ un viaggio tra retrò e moderno, un omaggio al ballo e alla musica che unisce passato e presente. Uso strumenti acustici, come in “A mio nonno ambulante”, per tenere viva la tradizione, ma con un tocco fresco. È la mia storia in note.