Sprint iniziale

di Andrea Mallamo

Monsignor Claudio Livetti, già prevosto di Busto Arsizio, riflette sul coraggio necessario in questo mese di ripartenza delle attività. Citando il sociologo statunitense Alvin Toffler si chiede: saremo capaci di “imparare, dimparare e reimparare”?

di monsignor Claudio Livetti

In settembre, terminate le ferie e le vacanze, si deve rimettere in moto ogni attività scolastica ed educativa, lavorativa e sindacale, sociale e politica, comunitaria e religiosa. Ogni partenza é sempre difficile, ma questa volta lo é maggiormente dopo che, primi dopo la Cina, siamo stati travolti dall’alluvione della pandemia. Dopo un’inondazione, quando calano le acque, si piangono le vittime, si calcolano i danni, si bonifica e si riparte. Dopo lo scombussolamento avvenuto non sarà possibile sognare che tutto possa ritornare come prima, ricalcando i vecchi schemi. Abbiamo già colto nuove esigenze e ne prevediamo altre che si fanno avanti con urgenza. Se é brutto nascere originali e morire copie, é ancora più brutto vivacchiare riproducendo fotocopie stantie invece che scrivere la pagina che serve al momento. La ripartenza di Genova col ponte nuovo, più bello e più sicuro del precedente, é l’esempio a cui ispirarsi.

Le priorità

Sono certamente la salute e l’istruzione, ma anche il pane da mangiare e il lavoro per guadagnarlo. Un fatto storico: durante la carestia, succeduta alla peste, San Carlo Borromeo fece arrivare dalla Svizzera tante greggi di capre, per i bambini che avevano perso la mamma durante l’epidemia e fece incrementare dai parroci la coltivazione del mais, perché non mancasse almeno il piatto della polenta. In una certa zona della Brianza il granoturco é ancora chiamato “Carlone”: memoria storica di un grande vescovo che ha saputo sfamare i poveri.

Durante la pandemia chi aveva meno ha pagato di più e chi aveva di più ha pagato di meno. il nuovo anno sociale dovrà ristabilire un equilibrio e “dar da magiare agli affamati” ma anche “dar da lavorare ai disoccupati”.

Creatività e inventiva

In questa nuova fase vale chi sa scoprire prospettive nuove, chi sa proporre, chi trova risposte per le nuove esigenze. Un solo esempio: é saltata un’impostazione dell’edilizia scolastica, col corrispettivo arredo e della didattica stessa, che durava da almeno cinquant’anni. Alvin Toffler, sociologo statunitense, sostiene: ”Nel secolo XXI gli analfabeti non saranno quelli che non sanno leggere e scrivere, ma coloro che non sapranno imparare, disimparare e reimparare”. Noi saremo capaci, analogamente, di saper programmare, sprogrammare e riprogrammare? progettare, cestinare i progetti e riprogettare? Costruire, demolire e ricostruire? Avere un lavoro, restare disoccupati e riciclarci in un lavoro nuovo?

Un umanesimo rinnovato

 Albert Camus disse: ”Ogni generazione si crede destinata a rifare il mondo. La mia sa che non lo rifarà: Il suo compito é forse più grande: impedire che il mondo si distrugga”. Noi a questo programma non ci stiamo! Noi vogliamo dare una svolta antropologica, perché per fare cose nuove occorrono persone nuove. Prima di agire é importante essere. Saremo più umani o invece più disumani? Etty Hillesum, l’ebrea olandese sterminata ad Aushwitz, scrive qualche tempo prima sul suo diario: ”Dopo la guerra due correnti attraverseranno il mondo: una corrente di umanesimo e una di odio”.

Dopo il 1945 é cresciuto e quasi esploso il benessere economico e culturale, ma anche tanto malessere sociale, morale, tanta crudeltà che ci rende disumani. Abbiamo quasi dimenticato di essere immagine e somiglianza di Dio. Il benessere delle cose e del danaro ha atrofizzato lo spirito ed emarginato la pratica religiosa, se non addirittura la stessa fede interiore. Abbiamo un’occasione unica, dopo la lezione impartitaci dalla pandemia, per riprendere tutti i valori umani: uomini nuovi per una storia nuova.

In foto: Collaudo statico del nuovo Ponte Genova San Giorgio. Fonte: www.stradeanas.it

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