Provincia biotech

di Milani

Varese spicca, ma l’Insubria no. Le biotecnologie stanno assumendo un ruolo sempre più importante in Italia e la Lombardia scommette su questo settore. Luci e ombre nella trasmissione d’approfondimento tv Varese, diamo in numeri, in onda alle 20 di venerdì 5 luglio su Rete55

di Chiara Milani

Il biotech continua a crescere nel nostro Paese e arriva a segnare un fatturato di oltre 11,5 miliardi, con un balzo del 16% nel 2018. Le imprese attive sono 641, gli addetti sono circa 13mila, con un incremento del 15%, e soprattutto gli investimenti in ricerca e sviluppo arrivano a oltre 2 miliardi (+ 17%). Questo il cuore del rapporto Le imprese di biotecnologie in Italia realizzato da Assobiotec (l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie), in collaborazione con l’Enea (l’agenzia nazionale le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), e presentato in primavera, in occasione dell’assemblea nazionale.

Lombardia al top

Dati alla mano, la nostra regione è in testa alla classifica: 181 imprese, pari al 28% del totale, con un’incidenza pari quasi alla metà (il 48% per la precisione) del fatturato complessivo, oltre 5,5 miliardi di euro. Inoltre investe in ricerca e sviluppo oltre 160 milioni di euro (oltre il 30% del totale). Seguono la Toscana, con 110 milioni di euro (il 20%) d’investimento, e il Lazio per fatturato con oltre 2,5 miliardi (quasi il 24%).

Varese, medaglia d’argento

In questo scenario, il nostro territorio non sta a guardare. Stando all’annuario pubblicato su www.biotecnologia.it, dopo l’inarrivabile Milano, infatti, la provincia di Varese sembra essere la seconda a livello regionale per numero di realtà esistenti, che ammontano a 6 più l’università. Tra i centri nevralgici, l’ex area Lepetit a Gerenzano, sede dello sviluppo  di metodiche rapide per la produzione di biomolecole e cellule per applicazioni in vivo e in vitro (anticorpi monoclonali, proteine ricombinanti, dna, cellule e simili), ma anche di ricerca e sviluppo nuovi farmaci per la cura delle malattie del sistema nervoso e di nuovi antibiotici per la prevenzione ed il trattamento di infezioni causate da microrganismi resistenti ai comuni trattamenti. A quest’area si sommano poi altri siti: Cairate, con la R&S per la messa a punto e il miglioramento di processi produttivi fermentativi e non, per prodotti chimico farmaceutici e, ad Albizzate, una spa che produce specialità chimiche per una vasta gamma di applicazioni industriali.

La laurea c’è, ma è “poco utile”

Ciò senza contare l’apposito dipartimento dell’Università degli studi dell’Insubria. Anche se, guardando la situazione occupazionale dei laureati pubblicata da AlmaLaurea, un terzo dei laureati al termine della magistrale biennale ritiene la formazione professionale acquisita all’ateneo varesino poco adeguata e altrettanti per niente (quota che sale all’83% per il primo livello) e sempre le stesse percentuali giudicano “non richiesta né utile” la laurea conseguita per l’attività lavorativa. Come cartina di tornasole, ci vogliono circa 3 anni e mezzo dalla fine degli studi al primo lavoro. Però, c’è da dire che tre quarti al termine del percorso magistrale non ha un’occupazione perché impegnato in un altro corso di studi, nel praticantato piuttosto che in un master.

I settori strategici

Quasi tutti quelli che trovano lavoro, in ogni caso, lo hanno nel Nord Ovest, dove appunto c’è il centro nevralgico del settore, che comprende imprese che studiano, sperimentano e sviluppano tecnologie soprattutto per la salute, industria e ambiente, agricoltura e zootecnia. Sempre secondo Assobiotec ed Enea, l’ambito maggiore è quello relativo a medicina e salute, con la metà delle imprese censite, l’88,5% degli investimenti in ricerca e sviluppo e quasi i tre quarti del fatturato dell’intero settore biotecnologico (pari al 74%). In industria e ambiente operano il 29% delle imprese totali, per il 17% del fatturato, con l’8% degli investimenti in ricerca e sviluppo; in questo caso si cerca di innovare in settori come per esempio quelli delle materie prime, della produzione di energia, ai principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Si occupano di agricoltura e zootecnia il 9% del totale delle imprese, con l’8% del fatturato totale.

La Regione: “750 milioni in 3 anni per lo sviluppo”

Quanto al futuro, la Lombardia sembra voler scommettere sempre più su questo ramo. “Negli ultimi due anni abbiamo investito oltre 54 milioni di euro per i nostri accordi di ricerca e innovazione nei settori salute e life sciences” , ha commentato il vicepresidente della Regione e assessore alla Ricerca, innovazione, Università, Export e Internazionalizzazione delle imprese, Fabrizio Sala, commentando i dati dell’approfondimento settimanale di #LombardiaSpeciale: “Il nostro territorio è leader nazionale nel settore farmaceutico e assorbe metà degli occupati del settore nazionale con 28mila unità. Nel Programma strategico triennale, Regione Lombardia metterà sul piatto 750 milioni nei prossimi tre anni per tracciare le linee di sviluppo in diversi settori, compreso quello della salute e Life”.

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