Carriera (in)naturale [VIDEO]

di Andrea Mallamo

La puntata mensile della nostra trasmissione d’approfondimento televisiva, Varese Diamo I Numeri, si è concentrata sulle statistiche internazionali e nazionali che riguardano la presenza femminile nella ricerca, tra tante ombre e qualche luce

di Chiara Milani

Sono ancora tanti, troppi i colli di bottiglia che le ragazze e le donne trovano davanti a loro sulla via della carriera scientifica. Numeri alla mano, a livello internazionale, i dati dell’Onu confermano quella che, dunque, non è soltanto una sensazione.

La parità è ancora lontana

La situazione è tutt’altro che brillante”, conferma Massimiliano Serati, economista della Liuc Business School, a cui abbiamo chiesto di interpretare le statistiche per noi durante la puntata mensile di Varese Diamo i numeri, la trasmissione televisiva d’approfondimento curata dalla nostra testata su Rete55: “Diciamo che ad oggi i dati sulle donne che sono impegnate in attività di ricerca oscillano tra il 30 e il 32%, quindi siamo ancora lontani dal risultato netto del 50% della parità di genere e tendono a diminuire se ci spostiamo su posizioni apicali”.

Il problema nel problema

A tal proposito, il nostro interlocutore fa notare che “questo peraltro è un fenomeno che non coinvolge soltanto la dimensione della ricerca, ma diciamo ha una natura un pochettino più generalizzata, con percentuali piuttosto basse, sotto il 25%, anche per le giovani studentesse che intraprendono percorsi di studio nell’ambito Stem (le materie tecnologiche e scientifiche, ndr), quindi nel problema c’è un altro sottoproblema”.

Una giornata ad hoc

Anche per questo, nel 2015 le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, che si si celebra l’11 febbraio e che quest’anno le ha viste protagoniste non come beneficiare, bensì proprio come agenti del cambiamento per il sesto Global Goal, o Obiettivo globale di sviluppo sostenibile, cioè l’acqua potabile per tutti.

Luci e ombre in tempo di pandemia

Nel 2021, invece, si era occupata delle ricercatrici impegnate sul fronte della pandemia che, se da un lato le ha viste protagoniste, dall’altro però ha ulteriormente peggiorato la loro situazione. “Diciamolo in questo modo: tutte le situazioni di crisi economiche o socio economiche normalmente inaspriscono le disparità e le diseguaglianze, perché ovviamente hanno un impatto asimmetrico su diciamo colui o coloro che sono in condizione socio economica di relativa tranquillità e invece chi è in una situazione di precarietà o di difficoltà”, ricorda Serati: “In questo caso la cosa è abbastanza evidente, perché la chiusura delle scuole è tutta un’altra serie di meccanismi hanno imposto alle donne impegnate nella ricerca di dover gestire contemporaneamente diversi fronti, compreso quello familiare, che nella loro organizzazione di lavoro regolare erano riuscite in qualche modo a tradurre in equilibri delicati che, ovviamente, la pandemia ha fatto saltare”. Con le prevedibili conseguenze del caso: “Come è ovvio, una maggiore distanza dal luogo di lavoro e dalle attività, vuol dire poi meno pubblicazioni, meno visibilità meno prestigio e anche meno finanziamenti”.

L’Italia che sa sorprendere

A proposito di pubblicazioni, c’è per anche una buona notizia, forse un po’ inaspettata, perché secondo uno dei più grandi editori di testate scientifiche al mondo, l’Italia sarebbe messa meglio rispetto alla media europea. “E’ vero, parliamo di un 44% di donne impegnate nella ricerca sul totale: una percentuale che è 6/7 punti più alta della media europea”, conferma l’esperto di statistiche, che conclude: “Un vantaggio, relativo naturalmente, sembra esserci anche in termini di pay gender gap, perché in Italia la differenza retributiva tra donne e uomini impegnati nella ricerca è di circa 7 punti percentuali, quindi tutt’altro che poco, ma nella media europea è più del doppio, perché arriva quasi al 15%. Quindi, forse, effettivamente qualche buon e timido segnale c’è”.

Un rapporto naturale

Da una lettura statistica a una artistica, il nostro cartoonist, Tiziano Riverso, dà al primo laboratorio tutto al femminile la forma del grembo materno in cui cresce un bimbo. Ricordando così, in punta di matita, che il rapporto tra donne e scienza è più che naturale.

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Numeri

31%

A livello mondiale, secondo l’Onu i dati sulle donne che sono impegnate in attività di ricerca oscillano soltanto tra il 30 e il 32%

44%

In Italia si parla del 44% di donne impegnate nella ricerca sul totale: una percentuale che è 6/7 punti più alta della media europea

7

Nel nostro Paese la differenza retributiva tra donne e uomini impegnati nella ricerca è di circa 7 punti percentuali

15%

La media europea di gender pay gap è più del doppio di quella italiana, perché arriva quasi al 15%.

<25%

Le studentesse che intraprendono percorsi di studio nell’ambito Stem (le materie tecnologiche e scientifiche) sono meno del 25%

Giornata

11

Le Nazioni Unite hanno istituito l’11 febbraio come Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella ricerca

2015

L’anno in cui è stata istituita a livello internazionale la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella ricerca

L’Obiettivo di sviluppo sostenibile a cui è stata dedicata l’edizione 2022 della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella ricerca è il sesto

2021

Nel 2021 la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella ricerca si era occupata delle ricercatrici impegnate sul fronte della pandemia

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