Non complichiamoci la vita

di Andrea Mallamo

Andrea Maresca, professore associato di Medicina interna all’Università dell’Insubria, stila alcuni consigli per i nostri lettori

Precauzioni semplici per non complicarsi l’esistenza. Potremmo riassumere così lo stile di vita da tenere per combattere l’ipertensione. Si tratta, infatti, di avere una dieta corretta e fare movimento. Cioè, adottare una serie di comportamenti che portano beneficio al corpo e all’anima. E questo è ancora più importante nel periodo di emergenza sanitaria che stiamo vivendo, che con i ripetuti lockdown può indurre alla sedentarietà, alla pigrizia e al rifugio della tavola.

Un fattore di rischio molto diffuso

Partiamo dal concetto che l’ipertensione arteriosa non è una malattia, ma un fattore di rischio: è la principale causa di malattie cardiovascolari, come infarto del miocardio, ictus cerebrale, scompenso cardiaco, demenza e insufficienza renale cronica, che in Italia provocano 240mila decessi ogni anno, pari al 40% di tutte le cause di morte. Nel nostro Paese ne soffre il 30% della popolazione, ovvero 15-16 milioni di persone, ma solo un paziente iperteso su 4 è adeguatamente curato, nonostante la disponibilità di terapie efficaci. Si parla di ipertensione quando i valori la pressione arteriosa sistolica (massima) e la diastolica (minima) superano i 140/90, che devono essere sempre valutati nel singolo paziente insieme con il profilo di rischio cardiovascolare (età, obesità, fumo, storia familiare, diabete, dislipidemia, danno d’organo e malattie cardiovascolari).

Come curarsi a tavola

I sintomi più comuni sono mal di testa, stordimento e vertigini, ronzii alle orecchie, alterazione della vista, perdita di sangue dal naso, ma non di rado capita che il paziente sia asintomatico. Le linee guida internazionali raccomandano per i pazienti ipertesi una dieta con un basso introito di sodio e di grassi, la limitazione del consumo di alcool, l’elevato consumo di frutta e verdura. Vi è l’evidenza di una relazione causale tra l’apporto di sale con la dieta e la pressione arteriosa. La dose massima suggerita dall’Organizzazione mondiale della sanità è di 5 grammi al giorno: un’indagine Minisal ha dimostrato che gli italiani ne consumano circa il doppio, 10 grammi gli uomini e 8 le donne, sopra la media dei principali Paesi. L’eccesso di sodio, contenuto nel sale, è uno dei principali responsabili dell’epidemia di ipertensione soprattutto con il sale “invisibile”: si stima infatti circa un terzo del sale che introduciamo del nostro corpo sia aggiunto mentre cuciniamo. Il resto arriva da alimenti preparati, che lo contengono e che spesso sono insospettabili, per esempio: biscotti, dolci, cereali per la prima colazione, salse e condimenti, pane, crackers, formaggi spalmabili, verdure in scatola, salumi, carni e pesce in scatola, pasti pronti, prodotti impanati.

Quei chili di troppo

L’ipertensione può essere causata anche dall’eccessivo peso corporeo e, di conseguenza, il calo ponderale è seguito da una riduzione della pressione arteriosa. Una riduzione di circa 5 chili comporta una riduzione media di pressione arteriosa sistolica e diastolica pari a 4-5 mmHg. Il calo ponderale deve però prevedere un approccio multidisciplinare, che include accorgimenti dietetici ed esercizio fisico regolare. Purtroppo, i risultati a breve termine spesso non vengono mantenuti nel tempo.

Mettiamoci in moto

Studi epidemiologici suggeriscono infine che l’esercizio fisico regolare di tipo aerobico possa essere benefico sia per la prevenzione sia per il trattamento dell’ipertensione, per ridurre il rischio cardiovascolare e per diminuire la mortalità. È raccomandabile che gli ipertesi effettuino almeno 30 minuti di esercizio aerobico dinamico di moderata intensità, come cammino, jogging, ciclismo o nuoto, almeno 5 giorni alla settimana.

Salute in pillole

Le norme dietetico comportamentali da sole non riescono tuttavia a controllare la pressione arteriosa in maniera efficace e bisogna perciò ricorrere ai farmaci antipertensivi. Essi sono in genere farmaci ben tollerati e vengono scelti sulla base delle caratteristiche cliniche del paziente.

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