Tempo di sfide

di admin

Prossimo alla soglia dei 90 anni, l’ex prevosto di Busto Arsizio scrive per i nostri lettori una toccante riflessione su tre tematiche chiave per il nostro futuro

di monsignor Claudio Livetti

“L’ottimismo
bonario è finito.
Serve speranza
coraggiosa”

La sfida della speranza

Siamo in alto mare, dopo l’ondata pandemica del marzo scorso e quella dell’autunno e con la terza che bussa alla porta. L’apparato medico, nonostante i lodevoli sforzi, è stressato, è frenata la vita economica, è compromessa la vita formativa e sociale. Si perdono ancora vite umane. È finito l’ottimismo bonario dei concerti sui balconi e sugli striscioni “andrà tutto bene!”. Vogliamo ritornare nel porto della serena normalità con speranza coraggiosa. C’è speranza se vogliamo ripartire con lo spirito dell’atleta paraolimpico che non si piange addosso per ciò a cui non può opporre rimedio, considera i vincoli non soltanto limiti ma punti d’appoggio, cerca nuovi orizzonti e sfide che lo spingono a dare il meglio di sé. C’è speranza se ci convinciamo che di fronte a rischi e pericoli globali occorre collaborazione, solidarietà, gioco di squadra. C’è speranza se non si confida solo sulla scorciatoia del vaccino, ma si apre un lungo e nuovo cammino che curi le ferite delle disuguaglianze, solitamente aggravate dopo le crisi. Ci sarà speranza se si prenderà atto che economia, ambiente e salute sono connessi e che lo squilibrio di una dimensione compromette le altre.

La sfida del sorriso

Le norme di sicurezza hanno rubato ai ragazzi “il compagno di banco” e hanno proibito gli incontri e i contatti. Questo mi fa soffrire, perché il tatto è il primo senso corporeo che l’essere umano sperimenta. Voglio tornare a baciare parenti, amici… e il Crocifisso al Venerdì Santo. Mi sono rifiutato di sostituire la stretta di mano col tocco del gomito, perché sgomitare è sempre stato segno di protagonismo, di volersi fare strada eliminando gli altri. Ho scelto il contatto del sorriso. Lasciando a chi di dovere la cura della salute, dell’economia, dell’istruzione, posso mettere in atto la terapia del sorriso: come primo gesto del mattino guardarmi nello specchio e sorridermi, per esercitare i muscoli facciali, che rimangano attivi tutto il giorno di fronte ai musi lunghi. Peccato che la  mascherina rovini il sorriso. Sorridiamo dunque per salutarci, per ringraziare, per congratularci coi due sposini coraggiosi che, nonostante tutto, hanno concluso il fidanzamento o la convivenza col matrimonio, per riaccogliere in casa il familiare guarito e dimesso dall’ospedale, per festeggiare la nonna che compie ottant’anni, per il cugino che si è laureato con lode. Posso finalmente dire anche alla Messa: ”Scambiatevi il sorriso della pace”.

La sfida della natalità

La fascia degli anziani tra i settanta e gli ottanta dice che si può nascere anche in tempi difficili: sono i nati o durante la guerra o nel primo dopoguerra. Ci sarà una generazione del dopo-pandemia? Non serve lagnarsi per le culle vuote dell’inverno demografico. Dopo l’inverno viene la primavera: che gioia anche una sola culla in cui è sbocciata una primula, in cui vagisce un cucciolo d’uomo. Credo che ciò avverrà quando si apriranno gli orizzonti di una maggiore tranquillità socioeconomica e si vedrà, finalmente, una politica di sostegno alla famiglia. Avverrà quando una coppia si sentirà appagata non riempiendo la casa col cane, il gatto e il pappagallo, ma con un figlio che donerà affetto e sostegno nella vecchiaia e continuerà la vita dei suoi genitori. Avverrà quando si comprenderà il vero significato del “crescete e moltiplicatevi e riempite la terra”. Non sono parole che esprimono l’imposizione di un Dio Onnipotente e Prepotente: alle imposizioni si reagisce con la trasgressione. Sono parole di un Dio umile e debole, che ha esaurito la sua azione creatrice e rivolge all’umanità una preghiera, una debole e umile supplica: ”Per favore, continuate la mia opera: non fatelo per me ma per voi, perché una casa senza bimbi è come un prato senza fiori e un cielo senza stelle”.

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