L’impresa è donna

di Andrea Mallamo

In occasione dell’8 marzo, la nostra testata ha mandato in onda una puntata speciale della trasmissione tv Prospettive, in partnership con il Comune di Busto Arsizio, per parlare senza retorica delle sfide che le imprenditrici stanno vivendo al tempo del Covid19

a cura della redazione

Essere donna è un’impresa. Ma anche l’impresa è donna. O almeno lo sarebbe di più, se le condizioni lo permettessero. Di ciò, senza retorica, si è ragionato in occasione dell’8 marzo nel talk show promosso grazia alla partnership tra il Comune di Busto Arsizio e la nostra testata.

In una puntata speciale della trasmissione Prospettive, registrata nel parco secolare di Villa Ottolini Tosi. Protagoniste, oltre a Manuela Maffioli, vicesindaco e assessore allo Sviluppo del territorio e alla Cultura di Busto Arsizio, due rappresentanti del mondo dell’impresa: Giorgia Munari, presidente del Gruppo giovani imprenditori di Univa (Unione degli industriali della provincia di Varese) e Cristina Riganti, presidente del Terziario Donna di UniAscom (Unione delle associazioni dei commercianti del Varesotto). Assieme a loro, e al nostro direttore, Chiara Milani, nella duplice veste d’intervistata – per la sua esperienza e per i suoi recenti riconoscimenti internazionali – e intervistatrice.

Donna e commerciante, impresa (im)possibile

Secondo una recente indagine della Camera di Commercio di Varese, sul territorio 1 impresa su 5 vede una leadership femminile, ma sono state soprattutto le imprenditrici a pagare il prezzo più alto di questa crisi, specialmente in termini di nuovi ingressi nuove imprese registrate. Perché secondo il presidente dell’ente camerale, Fabio Lunghi, le donne appunto tradizionalmente hanno un maggior carico per quanto riguarda la cura familiare e poi sul territorio sono più impiegate in quei settori come i servizi e il commercio, che sono stati più duramente colpiti dalla crisi. Concorda la rappresentante del terziario “rosa”: “Purtroppo l’imprenditoria femminile è stata penalizzata, perché si sono fatte delle scelte e la donna ha dovuto fare un passo indietro per conciliare famiglia e lavoro. Un’imprenditrice su 4 è proprio commerciante. Devo dire che, se mentre in una città come Busto Arsizio il dato è rimasto stabile rispetto a un quinquennio fa, contandone circa 1.400, nel Luinese, al confine con la Svizzera, il contraccolpo è stato forte”. Ci, ovviamente, anche a causa del calo di turisti.

Tiene la manifattura

Differente il quadro nell’industria. “La situazione da noi è un po’ differente, proprio perché la maggior parte delle imprese a gestione femminile si raggruppa proprio in quei settori che sono stati più penalizzati a causa delle imposizioni e il distanziamento sociale”, commenta Munari: “La manifattura nel suo complesso sta tenendo. Ovviamente abbiamo registrato un risultato negativo del – 14% l’anno scorso, però il 2020 si è chiuso in ripresa e oggi stiamo assistendo comunque a una ripartenza produttiva che ci dà dei dei segnali positivi”.

Parola d’ordine: formazione

Allora, guardando proprio le prospettive: che cosa sta facendo innanzitutto il terziario, visto che abbiamo detto che è la categoria più colpita, per far sì che le donne ne abbiano in questo settore? “A livello provinciale abbiamo seguito la stessa linea del gruppo nazionale: abbiamo voluto considerare già fin dall’inizio, quindi dal primo lockdown, l’opportunità che ci è stata data con i webinar”, risponde Riganti: Quindi, abbiamo puntato molto sul discorso della formazione, all’inizio con la richiesta di un valore un pochino più psicologico siccome c’era un grosso punto di domanda su che cosa sarebbe avvenuto dopo… Abbiamo capito proprio da quel momento che il nostro lavoro sta cambiando quindi a livello territoriale abbiamo dato anche molti spunti, sempre tramite la formazione, riguardo le nuove opportunità offerte dal digitale anche per la micro impresa, perchè da noi l’imprenditrice fa tutto: dall’alzare la saracinesca a tornare in pausa pranzo a dare da mangiare ai figli fino a usare i social”.

Servono visioni coraggiose”

Siccome però le più colpite sembrano proprio le nuove leve, è interessante il parere della rappresentante dei giovani industriali: “Da un punto di vista prospettico servono visioni coraggiose, cambiamenti, anche una progettazione giovane: è necessario andare a superare tutti quegli ostacoli organizzativi all’inclusione sociale del lavoro e quindi all’inclusione sociale, anche ovviamente femminile, nella nostra realtà, che è fatta da tantissime piccole e medie attività, che magari individualmente non hanno la forza, la struttura per avviare attività in tal senso. Quindi, tutta l’attività dell’Unione degli industriali della provincia di Varese ha come filo conduttore quello di avvicinare le Pmi del territorio ai nuovi modelli organizzativi che sono più utilizzati dalle grandi imprese, dalle multinazionali: per questo è fondamentale fare rete e creare massa critica per permettere anche alle realtà più piccole di accedere ad alcuni servizi. Penso, ad esempio, a convenzioni con asili nido, servizi di supporto alla didattica o alla cura di familiari anziani. Dunque, l’obiettivo è proprio quello di stimolare e portare le piccole e medie imprese a raggiungere nuovi modelli e stili organizzativi”.

Il bisogno di meritocrazia di meritocrazia

Per sapere anche che cosa le due rappresentanti del mondo dell’impresa chiederebbero a Draghi e in che modo cercano di essere un modello positivo per le proprie colleghe in un momento generale di difficoltà, è possibile rivedere la puntata speciale di Prospettive su www.varesemese.it. Queste, intanto, le conclusioni del vicesindaco bustocco: “Io credo che ci si debba in qualche modo liberare da un modello che sta rischiando di deviarci, per cui certamente fare tesoro di tutto quello che è capitato, ma stare molto vigili: non bisogna scegliere una donna perché è donna, bensì perché è brava”. Che poi, in fondo, è quello che da sempre le donne (non) dicono.

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