(S)mascherati

di Andrea Mallamo

La storica dell’incisione, coautrice di un libro pubblicato dalla casa editrice bustocca Nomos, invita a riscoprire il piccolo tesoro nascosto nella biblioteca civica di Varese, che nel era stato indagato dalla compianta Patrizia Albé

di Chiara Milani

Dici “maschere” e pensi a Carnevale. O, almeno, così è in tempo non di pandemia. Ma, in realtà,personaggi e costumi tipici della tradizione italiana affondano le loro radici nella commedia dell’arte, che ha contribuito a rappresentare l’Italia nel mondo. Per riscoprire come erano rappresentati nella grafica tra Seicento e Novecento, la storica dell’incisione Patrizia Foglia e la compianta coautrice varesina, Patrizia Albé, hanno pubblicato un libro tutto da guardare con la casa editrice bustocca Nomos. Un volume intitolato, appunto, Maschere, che ha una duplice valenza: teatrale e culturale. Una ricerca di grande attualità, per l’appunto non soltanto a Carnevale, perché ci fa riscoprire Arlecchino, Pantalone, Pulcinella, Colombina e gli altri personaggi della nostra tradizione, pure in contesti come la satira politica e le testate per i più piccoli. Ma anche perché ci fa riflettere sulla differenza tra l’essere e l’apparire, di pirandelliana memoria, ai tempi dei social. In cui, non soltanto grazie al fotoritocco, ci sono sempre meno volti e sempre più maschere.

Il vostro libro ha un valore che trascende Carnevale, ma visto che il periodo è quello di questa festa, vuole ricordare qual è la differenza tra la Colombina da cui ci si vestiva un tempo e la Frozen da cui le bambine si mascherano oggi?

Anche nel volume abbiamo più volte sottolineato questo fatto: la tradizione italiana delle maschere è stata l’elemento che ha portato la nostra cultura in tutta Europa e non solo. Ora, purtroppo, noi però l’abbiamo persa e ciò si vede anche nella perdita di un’identità delle maschere tradizionali, mentre andiamo a recuperare un elemento che è quello del travestimento, che però non è il recupero invece nella maschera intesa come elemento come culturale della penisola italiana, anche frammentata politicamente fino all’Unità, con tantissimi personaggi che sono diventati delle tipizzazioni proprie di ogni area geografica italiana: sfido ma non solo i bambini, ma anche i genitori a recuperare invece alcune maschere tradizionali. Per esempio, ricordo da bambina di essere andata più volte durante il Carnevale a vedere Meneghino e la Cecca: molti bambini non sanno neanche chi sono, invece tipici della tradizione milanese.

A proposito di ieri e oggi, le maschere erano anche le influencer di un tempo…

Sì, noi adesso abbiamo abbiamo altri altri personaggi, ma allora Arlecchino ci diceva che dovevamo comprare un determinato prodotto, non soltanto nei manifesti di grandi dimensioni, quindi quelli che non destinati alla affissione pubblica, ma anche su piccole pubblicità curate non soltanto grandi firme, ma anche da autori anonimi, quindi una produzione estremamente ricca. Riproducevano questi personaggi della commedia dell’arte, perché erano degli esempi facili, riconoscibili da un grande pubblico, e quindi diventava appetibile il prodotto che veicolavano. Nel volume abbiamo presentato alcuni esempi che sono presenti in alcune testate periodiche, alcune riviste come La donna, o altre testate che sono conservate, ad esempio, nella biblioteca civica di Varese.

Un aspetto, quest’ultimo, curato dalla compianta coautrice, Patrizia Albé, giusto?

Sì, devo ringraziarla per la ricerca che ha fatto, soprattutto anche se non solo, nel territorio varesino, perché effettivamente ecco quello che ha contraddistinto la nostra ricerca non è unicamente la veste editoriale, ma anche una selezione puntuale anche su fondi o su raccolte all’interno delle biblioteche degli archivi, che in genere non vengono considerati: ecco, questa parte rispetto alla produzione editoriale di primo Novecento, che in particolare Patrizia ha seguito, credo che sia un aspetto e un valore importante che andrebbe sicuramente ancora analizzato e approfondito perché è una produzione che in genere si considera minore rispetto a una produzione grafica più colta, più raffinata, più nota, però c’è una ricchezza dal punto di vista sociale, di comunicazione e quindi di trasferimento di un messaggio molto, molto ricca, anche se poco nota agli studiosi e al pubblico.

In foto: Patrizia Foglia, storica dell’incisione e coautrice di Maschere (Nomos edizioni)

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