Che ironia!

di Andrea Mallamo

Intervista all’umorista Alberto Patrucco, presidente di giuria del concorso legato alla biografia di Lucio Piccoli, di cui VareseMese è media partner, che mette in palio 60 pranzi-spettacolo gratuiti il 15 maggio alla Polisportiva Bienatese e un fine settimana per due persone in una località turistica di pregio per i primi partecipanti, i finalisti e l’autore della miglior recensione

di Chiara Milani

Comico, cabarettista, umorista e cantante, Alberto Patrucco è solito attingere dalla realtà per la sua ironia. Arte di cui forse più che mai, in tempi come questi, c’è bisogno.

Il tuo nuovo spettacolo satirico si chiama Contrattempi moderni. Ma come si fa a far sorridere, a essere ironici di fronte a tutto quello che sta accadendo?

Allora, intanto non sta accadendo troppo, ma sta accadendo di più. Quindi, per usare parola un po’ soft, i tempi non sono propriamente idilliaci. Allora io credo che proprio ci sia un disperato bisogno di ironia e non a caso non uso la parola comicità: uso l’approccio dell’ironia, uso la parola satira, dove ovviamente poi alla fine si finisce con la risata, che per non è gratificante, bensì liberatoria, che sono due meccanismi diversi di arrivare al sorriso, che in teoria dovrebbe accendere un pensiero liberato da questa cosa. Più gli argomenti, più il periodo, più i tempi sono bastardi, come usavo dire illo tempore, più si vede buio, e più l’umorista è stimolato da ciò. Non dico niente di nuovo, ma la differenza tra la comicità e la satira è che nella prima è una persona che cade, nella seconda è il rettore dell’università, il generale: non cade dunque soltanto una persona, cade tutto un insieme di cose. E il senso di Contrattempi moderni è proprio questo: liberarsi dalla cappa che incombe, partendo ovviamente da quello che ci ha già visto relegati in casa per 40 giorni. Allora, come sdrammatizzare quando si parlava di lockdown duro e puro? Se devo essere sincero, per me non è cambiato neanche io non facevo niente prima e ho continuato a fare niente durante la quarantena… ecco che allora è un escamotage per uscire un po’. Poi, quando, si pensa alla sofferenza di essere reclusi, con tutto quello che in effetti ha causato, allora dici che c’è sempre un peggio… Si pensi a cosa è stato quel periodo per i testimoni di Geova: terribile, cioè sapere che tutti sono in casa, ma proprio tutti, e non poter citofonare a nessuno è una sofferenza indicibile. Ci sono testimoni ahinoi in analisi ancora oggi….

L’ironia ci porta a Brassens. Hai scritto AbBrassens, la non biografia, come l’hai definita, sul geniale cantautore d’Oltralpe. Come mai, secondo te, il su messaggio oggi è così d’attualità?

E’ d’attualità proprio perché non parla non si è mai occupato del quotidiano, ma di tematiche che non sono usurate o dal tempo. Anzi, il suo è un percorso quanto mai attuale. Anche io che sono un troglodita informatico, se ho bisogno di sapere qualcosa di qualcuno uso i vari Mister Google: i media in questo aiutano molto, anche se per una cognizione un po’ sommaria, un po’ da discutere… Ecco perché ho scritto una non biografia, parlando di Brassens, facendo uscire tratti della sua vita attraverso il suo modo di essere anarchico, di essere agnostico, di fare canzoni, di approcciarsi alle tematiche femminili e femministe, della morte e dell’amore. Tutto questo penso sia un percorso molto interessante attraverso le sue opere più conosciute. In Italia è stato un caposcuola: abbiamo generazione di cantautori, in primis partendo da De Andrè, Paoli ma poi gli influssi si sono ingegnati su Conte… insomma, c’è tutta una serie di personalità autorevoli che si è abbeverata a Brassens. Tanto che è stato tradotto in tutto il mondo, modestamente pure da me. Non dimentichiamo poi Nanni Svampa, che lo ha reso milanese, con un’operazione straordinaria nell’adattare le atmosfere della Senna al Naviglio.

Peraltro ha vissuto anche periodi di guerra. che ahinoi sono ritornati alla nostra memoria ultimamente. E lo ha fatto, ovviamente, a modo suo…

Ovviamente ha reagito a modo suo, solleticando sempre un pensiero libero. Ciò è quello che ha affascinato e affascina il mondo culturale e non, perché ha avuto un successo popolare tale per cui c’è stato un periodo in cui vendeva più dischi lui dei Beatles in Francia, anche se i suoi erano fatti in modo minimale. Non a caso è ritenuto uno dei più grandi poeti del Novecento. Ecco, era un libertario vero. Tanto che, seppure fosse uno che non amava ripetersi, ha ripetuto in addirittura due canzoni che non c’è un’idea che valga la pena di una morte. Con il gusto sempre, ed è questo un po’ che ci lega molto, dell’ironia. Ecco, non prendere mai in ostaggio nessuno. Ecco cos’è, a cosa serve la satira, l’ironia: perché se c’è il mantello della risata, della comicità, l’umorismo, tu non costringi uno ad assecondare ad ascoltare il tuo pensiero. Però lo coinvolgi, perché sorride. Ed ecco la magia della satira.

Foto: Alberto Patrucco (a destra) sul palco del teatro Sociale di Busto Arsizio con Flavio Oreglio per la presentazione benefica del libro “Una vita da impresario”

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