Milena Colzani, specialista in Nutrizione clinica dell’ospedale di Saronno, parla di come stanno mutando le nostre abitudini nutrizionali rispetto a quando i nonni erano giovani, con tutte le conseguenze del caso per la salute
di Milena Colzani
Negli ultimi dieci anni il gusto degli italiani sembra essere variato abbastanza decisamente. Rispetto a quando erano giovani i nonni, ma anche i genitori, si impongono ora alimenti “etnici” come la frutta esotica (circa il 15% di quella consumata), kebab, falafel, involtini primavera, sushi e altri cibi esotici, sempre disponibili in ogni stagione nei supermercati e ristoranti con cucine tipiche di altri Paesi, in rapida diffusione.
Quando la globalizzazione si nasconde nel sugo
E’, dunque, ufficiale: la globalizzazione sta modificando le nostre abitudini alimentari e non sempre in modo visibile. Esiste infatti una mondializzazione nascosta che colpisce anche la nostra amata dieta mediterranea e che ci fa pensare davanti ad un bella pizza o un piatto di pasta al sugo: questo pomodoro non arriverà dalla Cina? Quest’olio non sarà tunisino o spagnolo? E questa farina sarà “nazionale” oppure ucraina o canadese?
La scomparsa delle diete locali
L’ascesa di supermercati e dei cibi pronti, l’aumento del consumo fuori casa, le tecnologie alimentari industriali e gli accordi commerciali hanno reso sempre più omogenei i modelli alimentari nel mondo per cui, in realtà, nessuna singola nazione ha una dieta veramente “locale”.
La riscoperta dei prodotti a km 0
Come risultato, siamo diventati sempre più dipendenti da altri Paesi e spesso non è un bene. La dieta di oggi è sempre meno ricca di alimenti freschi, di cibi di produzione locale e a chilometri zero, con un netto vantaggio per i prodotti confezionati. Eppure, se seguissimo un’alimentazione più varia e basata su cibi prodotti localmente e di stagione, pensando alla filosofia Slow Food e cioè prodotti a Km 0 o almeno a meno di cento chilometri, con ingredienti non locali biologici con tanto di certificato e rigorosamente OGM-free, potremmo distaccarci da una globalizzazione alimentare pericolosa imposta dall’industria alimentare a beneficio della nostra salute.
Il buon proposito per il 2020
In conclusione, visto che la dieta mediterranea è da anni indicata dai nutrizionisti di tutto il mondo come il migliore regime alimentare possibile, recuperare una tradizione culinaria radicata nel territorio come la nostra – magari arricchita dalle colture “bio” e sia pur aggiornata e, perché no?, con varianti provenienti dalle cucine di altri popoli – potrebbe rappresentare un buon proposito per questo 2020 appena iniziato.
In foto: Milena Colzani