Da abilità a disturbo

di Andrea Mallamo

In vista della ripresa della scuola, Cristiano Termine, Angela Celi e Vera Galli, esperti di Neuropsichiatria Infantile del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi dell’Insubria e dell’Asst dei Sette Laghi a Varese, spiegano perché la logopedia in tenerà età sia un aiuto prezioso in caso di deficit nell’esprimersi e comprendere messaggi verbali

di Cristiano Termine, Angela Celi e Vera Galli

 

Il linguaggio rappresenta la capacità di utilizzare un codice per esprimere e comunicare le proprie idee sul mondo, attraverso un sistema convenzionale di segni arbitrari. 

 

Una capacità “innata”

Già nel XVII Secolo, Galileo scriveva con stupore emozionato di questi segni, definendo l’alfabeto come l’insieme di “venti caratteruzzi su carta”, da cui potevano nascere tutte le invenzioni umane. Ancor più stupefacente è soffermarsi sul fatto che tale capacità produttiva sia presente fin dalla nascita, pur esprimendosi in modo diverso nelle diverse fasi dello sviluppo del bambino, permettendogli di tradurre idee, pensieri, emozioni sotto forma di parole, frasi e discorsi. Il linguaggio, infatti, non si insegna, ma si apprende ed emerge “spontaneamente”, qualora un bambino sia esposto ad una lingua, disponga di un udito normale e presenti adeguate competenze cognitive, comunicativo-relazionali e linguistiche. 

 

Ruolo “vitale”

Talvolta, tuttavia, il linguaggio non emerge con l’attesa naturalezza, emerge in ritardo o permane difficoltoso configurandosi così un vero e proprio “disturbo del linguaggio”, uno dei più frequenti disturbi dello sviluppo. Queste problematiche si manifestano, infatti, già nelle fasi precoci dello sviluppo, con difficoltà nell’acquisizione e nell’utilizzo delle parole, presenza di un bagaglio lessicale limitato e che fatica ad arricchirsi, con conseguenti ripercussioni sulla strutturazione della frase e sulle abilità narrative. Proprio per il ruolo “vitale” che la parola assume per l’individuo, non è difficile comprendere come un deficit dell’abilità di esprimersi e/o della comprensione dei messaggi verbali, possa essere alla base di limitazioni alla partecipazione sociale, risultati scolastici insoddisfacenti e prestazioni professionali scarsamente performanti.

 

L’importanza della prevenzione

Il linguaggio verbale si struttura progressivamente a partire dai 12 mesi di età, con una certa variabilità tra un bambino e l’altro. L’identificazione precoce dei bambini a rischio di un disturbo del linguaggio è necessaria per prevenire l’insorgenza di eventuali problematiche emotive e comportamentali. Molti bambini con difficoltà linguistiche, infatti, sin dalla scuola dell’infanzia, si sentono incapaci di comunicare, si percepiscono come “diversi” dai propri coetanei, non riuscendo ad esprimersi in modo efficace. Questi bambini tendono a sopprimere pensieri, fantasie e curiosità per il timore di non essere compresi, spesso isolandosi anche emotivamente dall’altro, da cui non si sentono accettati. Non deve stupire, quindi, il fatto che un bambino o un adolescente con difficoltà linguistiche possa sviluppare nel tempo problematiche emotive come ansia e depressione, ma anche difficoltà relazionali soprattutto con i pari, manifestando atteggiamenti aggressivi, oppositivi o tendenza all’isolamento. In quest’ottica di linguaggio come elemento di continuum dello sviluppo umano, l’arma più importante per evitare che un disturbo si ripercuota sulla vita quotidiana risulta essere la prevenzione. Solamente una diagnosi e una presa in carico precoce, possibili a partire dai 2-3 anni d’età, permetteranno di iniziare tempestivamente un trattamento logopedico che potrà ridurre le limitazioni comunicative, oltre che prevenire ripercussioni sullo scambio relazionale, l’integrazione nel gruppo dei pari ma anche sull’apprendimento della letto-scrittura e sul rendimento scolastico più in generale.

In foto: Il professor Cristiano Terme

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