È l’ora di fare un salto?

di Andrea Mallamo

Anna Gervasoni, docente di Economia e Gestione delle Imprese all’Università Carlo Cattaneo di Castellanza e direttore di Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt) analizza le novità imposte dalla crisi e alcune possibili prospettive

di Anna Gervasoni

L’emergenza sanitaria ha portato moltissime imprese a forti tensioni finanziarie, soprattutto in alcuni settori come quello della ristorazione, del turismo, dei trasporti, ed è stata affrontata con misure governative che si auspica siano di immediata efficacia. Nel ripartire si impone una riflessione strategica, guidata dai profondi cambiamenti che questa crisi di enorme portata mondiale ha imposto e in alcuni casi accelerato. 

Una riflessione strategica

Cogliere questo momento come una possibilità per rivedere il proprio futuro imprenditoriale, ritarare la direzione degli investimenti, adeguare la propria struttura interna e i propri processi, potrebbe portare l’azienda a fare un salto, anche dimensionale, accompagnandola fuori dalla crisi con un livello di maggiore solidità e preparazione anche negli aspetti che forse in passato sono stati un po’ messi da parte. 

Sicuramente grande attenzione va posta sull’innovazione tecnologica, a partire dalla digitalizzazione, che è diventata elemento imprescindibile in tutte le attività. Ma anche sulla variabile organizzativa, sulle risorse umane, sul ripensamento dei luoghi di attività e delle modalità di lavoro. Alcune sperimentazioni nate dall’emergenza possono diventare prassi utili. 

La possibilità di nuove compagini azionarie

A livello finanziario le possibilità di accesso al credito e al capitale di rischio previste nel decreto liquidità e nel decreto rilancio aprono una porta importante a tante imprese, non a tutte, ponendo anche vincoli importanti d’accesso. Gli strumenti pubblici però, per loro natura devono avere carattere temporaneo e non sovrapporsi a quelli privati, di mercato. In alcune situazioni si presenteranno anche opportunità di fare un salto dimensionale o di guardare ad aggregazioni. Per questo, una delle possibilità da prendere in considerazione riguarda l’apertura del proprio capitale per far entrare nuovi soci. Open, può essere sinonimo di nuova compagine azionaria, strumentale alla crescita, all’innovazione e alla internazionalizzazione. Sia attraverso i sistemi tradizionali di quotazione, sia attraverso l’accesso a nuove piattaforme dedicate alle Pmi, sia ricorrendo a fondi di private equity, con tutte le differenze del caso che abbiamo spesso sottolineato nelle pagine di questa rivista, ci si apre a una nuova governance che comporta trasparenza, managerializzazione, costante spinta alla crescita e all’efficientamento. Senza dimenticare che i capitali raccolti e la nuova immagine che ne deriva, facilitano processi di acquisizione e internazionalizzazione altrimenti impensabili. Fare questo passo vuol dire essere immediatamente noti e riconoscibili come azienda aperta anche a prendere in considerazione dossier di M&A, si afferma una attitudine allo sviluppo da parte dell’imprenditore e del management team. La nuova normativa Pir consentirà di raccogliere capitale da destinare all’economia reale, sia a imprese non quotate sia a quotate small cap. Speriamo che questa misura attivi i nostri mercati dedicati alle imprese più piccole e i nostri fondi di private capital.

L’apertura a mercati innovativi

Open come apertura agli investitori e ai mercati alternativi, perseguendo un obiettivo di crescita e rafforzamento può essere un modo per vivere il post Covid-19 in chiave di rivoluzione positiva del nostro tessuto imprenditoriale.

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