Magic box

di admin

Il game designer bustocco Luca Borsa analizza come si è evoluto il mercato dei giochi da tavolo da Monopoly a Ticket to ride: numeri alla mano, lo strapotere del digitale non scalfisce la voglia di riunirsi

di Luca Borsa

“Dagli anni Ottanta a oggi, la produzione di titoli si è decuplicata”

Gli uomini giocano da tavolo da molto prima di quanto ci possiamo immaginare. Infatti, il primo gioco da tavolo di cui si ha riscontro è la tavola reale di Ur ritrovata nelle tombe reali di Ur in Mesopotamia circa 4.600 anni fa. E lo hanno continuato a fare tutte le grandi civiltà: quelle egiziana, greca, romana, ma non solo. Praticamente, troviamo giochi sparsi in tutto il globo.

Dalla Mesopotamia ai Romani

In particolare, i Romani, che spesso giocavano anche con le parole, ci hanno lasciato sul selciato di molte piazze scolpita la Duodecima scripta: un antenato del backgammon, in cui spesso le caselle erano composte da lettere a formare parole. La più famosa è quella proveniente dal castrum dei pretoriani, formata da parole di sei lettere: venari, lavari, ludere, ridere occest vivere (cacciare, far bagni, giocare, ridere questo è vivere). Per non parlare del gioco degli scacchi, che ha avuto una lunga e affascinante storia che meriterebbe un articolo a parte.

All’inizio fu il Monopoly

Nel 1935 esce il Monopoly ideato da Charles Darrow, che in qualche modo modificò un’idea di Elizabeth J. Magie (Phillips), che nel 1903 ideò The Landlord’s Game: un gioco che in realtà era una critica al capitalismo e allo sfruttamento terriero. Monopoly è sinonimo di gioco da tavolo, ancora oggi venduto nelle sue centinaia di edizioni differenti, tanto che qualcuno dice che nel mondo circolino più soldi del Monopoly che dollari.

I grandi classici

Per anni, in Italia, il Monopoly, il Risiko (1957), il Trivial Pursuit e giochi come Tabù sono stati compagni di tante serate, fino a diventare dei grandi classici, come ricorderanno anche le famiglie degli anni Ottanta. Agli occhi di giocatori moderni, però queste proposte sono ormai obsolete e un po’ anacronistiche. 

Lo spartiacque

Infatti, lo spartiacque tra il gioco da tavola classico e quello moderno ha una data ben precisa e un gioco ben preciso: Coloni di Catan o semplicemente Catan di Klaus Teuber, scomparso proprio un mese fa, uscito nella sua prima versione nel 1995 e capace di vendere a oggi nelle sue innumerevoli declinazioni più di 40 milioni di copie nel mondo. Un gioco che, oltre ad aver fatto la fortuna del suo inventore, ha letteralmente cambiato il modo del gioco da tavolo, traghettandolo in quell’industria che è ora con crescita a due cifre e con un numero sempre più crescente di appassionati, giocatori, autori, editori ed è capace di sfornare quasi cinquemila titoli nuovi all’anno. Pensate che nel 1980 le nuove uscite erano meno di 500.

Dalla fortuna alla strategia

Coloni di Catan è un cosiddetto German, ossia uno di quei giochi gestionali con pochissima fortuna, che mettono il giocatore al centro di scelte strategiche.

Oggi quindi gli appassionati hanno un’ampissima scelta di titoli di tutte le categorie e per tutti i palati: dai party game ai giochi di carte, a quelli cooperativi, oppure strategici a o ancora di simulazione sportiva, fino ai wargame. Per non parlare delle opzioni per bambini, con grande varietà e quantità di titoli, di cui alcuni veramente geniali e che stanno diventando dei nuovi evergreen. 

I nuovi evergreen

Penso a Dixit, gioco che ha saputo unire nella sua semplicità e bellezza generazioni diverse, e Ticket to ride, “scatola” ferroviaria che dal 2004 diverte milioni di appassionati.

Un Paese che si mette in gioco

La crescita del movimento ha portato anche al moltiplicarsi di ludoteche, locali dove si gioca, associazioni, ma soprattutto eventi e fiere che sono sempre più frequentate. L’Italia, pur avendo ancora tantissimo margine di crescita se la paragoniamo a mercati come Germania, Francia e Stati Uniti, propone ormai ogni settimana dell’anno un evento di giochi: da Modena a Lucca, da Aosta a Catania e Napoli per citare i più importanti.

Futuro roseo

Pure il futuro sembra roseo e lo strapotere del digitale sembra non scalfire la voglia di riunirsi, stare attorno a un tavolo, aprire una scatola – che, come dico sempre, vuol dire tuffarsi in un mondo magico – e iniziare a giocare.

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