La dottoressa Francesca Rovera, direttore del centro di ricerca in Senologia dell’Università dell’Insubria e responsabile della Breast Unit dell’Asst dei Sette Laghi di Varese, parla delle nuove frontiere della diagnosi e della cura
“Il caso di Angelina Jolie ha dato avvio pure qui ai test genetici”
di Chiara Milani
Il lavoro, la casa, la famiglia. La cura dei bambini, ma anche degli anziani. I carichi sulle spalle delle donne, spesso, sembrano non avere limiti. E così, ci si trascura. Noi, infatti, veniamo sempre dopo. Dopo le necessità di tutti gli altri. Di pari passo, i controlli per la nostra salute finiscono in fondo alla lista. Tanto più in questi ultimi due anni, in cui l’emergenza pandemica ha fatto saltare i normali screening. A ricordarci che non siamo dei robot e che, purtroppo, la malattia non guarda in faccia a nessuno, è la dottoressa Francesca Rovera, direttore del centro di ricerca in Senologia dell’Università dell’Insubria e responsabile della Breast Unit dell’Asst dei Sette Laghi di Varese.
Poco tempo, ma più attenzione
“Noi donne tendiamo a non prenderci tanto cura di noi stesse: questo purtroppo è vero, lo dico da donna e da medico che tutti i giorni si occupa del cancro alla mammella”, conferma l’esperta, che per aggiunge: “Anche se devo dire che, negli ultimi anni, al di là del periodo della pandemia, c’è stata una sempre maggiore sensibilizzazione nei confronti di questa patologia”.
L’importanza dell’autopalpazione
C’è dunque, più attenzione. Ma come tradurla praticamente nella nostra vita di tutti i giorni? “La consapevolezza del rischio è il primo passo. È importante che ciascuno di noi conosca il proprio corpo e quindi io consiglio sempre alle donne di fare un’autopalpazione, che è un gesto molto semplice: si tratta di guardarsi e di fare una palpazione di entrambe le mammelle in un periodo preciso del mese, quindi nelle donne metà fertile 3-4 giorni dopo il termine del ciclo mestruale, così che i seni siano meno tesi. Nella donna in menopausa consiglio invece di avere un momento particolare, tipo la prima domenica di ogni mese, perché altrimenti poi ci si confonde, sempre prese appunto da mille cose e si rischia di non farlo”, spiega la senologa.
Per te donna
Tranquille, non si tratta di fare autodiagnosi, ma soltanto di notare se si registri qualche cambiamento nel proprio corpo. Quando poi si entra negli “anta”, per le donne della provincia di Varese scatta il programma di screening Per te donna.
Tendenza in aumento
L’importante è non far finta di nulla, sperando che il problema passi, perché la diagnosi precoce salva davvero la vita. Anche perché, come ricorda la nostra interlocutrice, “il tumore alla mammella è un problema epidemiologico perché abbiamo davvero tanti casi in Italia: si stima che nel 2021 abbiamo chiuso l’anno con oltre 55.000 nuovi casi con un trend in aumento”.
La diagnosi precoce salva davvero la vita
Ci sono, però, anche notizie incoraggianti. “Fortunatamente, accanto all’aumento del numero di nuovi casi, si è osservato in questi ultimi anni una sensibile riduzione della mortalità, quindi vuol dire che si registra il miglioramento sia delle metodiche diagnostiche sia di quelle terapeutiche, con il lato chirurgico”.
Le nuove frontiere delle genetica
La ricerca, poi, è in continua evoluzione. Nel 2015 il caso di Angelina Jolie, che aveva fatto parlare tutto il mondo con la sua scelta di mastectomia preventiva per evitare il rischio di un tumore che aveva ucciso la madre, ha smosso le acque pure in Italia. Arrivando l dove, fino a poco tempo fa, non si pensava possibile. “Sì, devo dire che la genetica ormai è parte integrante della nostra attività quotidiana, anche a Varese”, conferma Rovera: “Ci sono dei criteri precisi, non tutte le donne devono fare il test genetico, che di per sé è un semplice prelievo di sangue, ma è molto importante ci che ne emerge, perché si va a individuare una mutazione in due piccole cellule del nostro sangue che possono esporre a un maggior rischio di sviluppare tumori, principalmente alle mammelle e alle ovaie, anche se non esclusivamente”. Queste donne vengono inserite in programmi di sorveglianza clinico radiologica intensiva semestrale e, addirittura, in casi ovviamente particolari, viene proposta la chirurgia per ridurre il rischio. Come per l’attrice di Hollywood.