In questo difficile inizio di primavera, Marco Introini, floral designer di Gallarate, ci ricorda l’insegnamento della natura: il mondo vegetale sa sopravvivere in ambienti totalmente inospitali
di Marco D. Introini
Fino a poco tempo fa non sentivo mai parlare di resilienza, ora in tanti la nominano, alcuni la cercano, ma pochi la comprendono e ancora in meno la praticano. Tuttavia, quando la sento nominare, la prima cosa che mi viene in mente è il mondo vegetale.
Crescere in condizioni limite
Anche senza stare a scomodare le teorie di Darwin, sarà capitato a chiunque di noi di notare, magari durante una passeggiata in montagna, piante che crescono in condizioni limite, in posizioni pressoché impossibili ed esposte a climi sicuramente molto difficili.
La capacità di adattamento
Tutte le specie botaniche hanno una grandissima capacità di adattamento al luogo dove vivono. Ci sono piante che creano benessere, ovvero che assorbono e metabolizzano alcune sostanze nocive. Sappiamo dalle prime lezioni di scienze della scuola dell’obbligo che i cosiddetti polmoni verdi ci danno appunto l’ossigeno per vivere, ma guardate nelle città come vengono maltrattati e come reagiscono vigorosamente quando le radici vengono coperte dall’asfalto, anziché lasciare il necessario spazio attorno al fusto.
Gli “spaccasassi”
Esistono alberi, come il bagolaro (celtis australis), che si sono guadagnati l’appellativo di spaccasassi, in quanto le loro possenti radici riescono a farsi strada sia in terreni carsici e rocciosi o fra le fessurazioni del cemento.
La vegetazione subtropicale
Se invece pensiamo alla vegetazione subtropicale troviamo una grandissima capacità di adattamento nelle epifite, che sono piante che hanno la caratteristica di vivere su altre piante: fra queste, avrete un po’ meno presenti le tillandsie, che sono grigiastre e senza radici e vivono solo con l’umidità degli ambienti, mentre conoscerete sicuramente le orchidee, phalenopsis, dendobium, cambrie, oncidium, che avrete ricevuto magari come regalo e che, come avrete notato, sono con le radici a vista, proprio perchè hanno bisogno di luce ed umidità per sopravvivere. Nel loro ambiente naturale le radici penzolano dagli alberi a cui sono abbarbicate alla ricerca di luce ed umidità.
Anche il cactus fiorisce
Ma le vere resilienti per eccellenza sono le cactacee che si sono adattate nei secoli a sopravvivere in ambienti totalmente inospitali, torridi, brulli, con poco o nulla di precipitazioni e che, nonostante tutto, accumulano la poca umidità che ricevono e la immagazzinano per un tempo indefinito, riuscendo a crescere e addirittura a fiorire.
La vita dopo l’esplosione nucleare
Quindi la resilienza è intrinseca alle specie botaniche: pensiamo a città come Prypjat in Bielorussia, colpite dal disastro di Chernobyl negli anni Ottanta e dove, a distanza di alcuni decenni la vegetazione, è tornata ad impossessarsi di tutto un ecosistema ormai compromesso totalmente dalle radiazioni. Oppure luoghi come a Hiroshima e Nagasaki, in Giappone, dove gli unici esseri viventi a sopravvivere all’ecatombe nucleare furono i Ginkgo Biloba, che è l’unica conifera ad avere la foglia lobata a forma di piccolo ventaglio.
La natura è più resiliente dell’uomo
Per nostra fortuna la natura è più resiliente dell’uomo e la riprova l’abbiamo anche in questi giorni, dove il lockdown provocato dal Coronavirus ci ha mostrato come persino Venezia sia tornata a popolarsi di pesci e nei canali scorra finalmente acqua pulita.
Un piccolo, grande suggerimento
Quindi, fate come me: quando vi parlano di resilienza non pensate a una qualità umana, bensì alla natura… chiudete gli occhi e immaginate di permearvi di essa. Le vostre giornate cambieranno in meglio.
in foto: Una cactacea in fiore
Ascolta l’autore sul nostro podcast: https://www.spreaker.com/user/12137619/rifiorire-le-specie-botaniche-sanno-adat
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