GIARDINO IDEALE Festival Internazionale a Chaumont sur Loire

di Redazione VareseMese

di Marco D. Introini

L’era post lockdown è caratterizzata dalla riscoperta degli spazi verdi. Lo sa bene la vulcanica Madame Chantal Colleu-Dumond, ospite d’onore proprio il mese scorso Orticolario 2022 nel Comasco e direttrice del Festival Internazionale dei Giardini di Chaumont sur Loire, la cui trentesima edizione si conclude proprio all’inizio di novembre

24 équipe in concorso

L’evento vede protagonisti progettisti del verde, architetti del paesaggio e studenti di scuole o facoltà che hanno un indirizzo di tipo paesaggistico. Alle 24 équipe in concorso, quest’anno è stato chiesto di cimentarsi sul tema non facile del “giardino ideale”: resiliente, bello, biologico, ristoratore, confortante, innovativo e soprattutto efficiente dal punto di vista idrico ed energetico. Fare una efficace sintesi di tutte queste qualità, è stata certamente una sfida non facile, ma – ad avviso di chi scrive – svolta con grande successo.

Progetti unici

Così attraversando il parco del Castello di Chaumont, ci si è potuti imbattere per esempio nel Giardino della reciprocità, dove l’uomo e la natura sono legate indissolubilmente e visibilmente da un legame appunto di vicendevolezza, in tempi, quelli odierni, in cui la specie umana agisce sulla natura al punto di essere la sua più grande minaccia. Oppure al Bleu 47°, un giardino situato al 47° di latitudine nord, intriso in tutte le gradazioni di blu, cobalto, celeste, ceruleo, ciano, clematide, iris, tiffany… il tutto sviluppato in un labirinto di trasparenze che esaltano l’ottimismo e la gioia di vivere. E poi ancora il Giardino Erasmus, quello delle Illusioni o del Paradosso. Oppure anche il meraviglioso bozzolo di Le Cocon Vègètal, in cui un giardino segreto si sviluppa in un bozzolo di fili bianchi tesi su una struttura metallica. Tutti progetti che colpiscono per la loro essenza e unicità. 

Bello e funzionale a braccetto

Uno in particolare, però, merita una menzione speciale: Grenade, sia per il suo impatto estetico sia per la sua “autosostenibilità”. Entrando nel giardino si rimane colpiti dai petali di giganteschi fiori rossi, realizzati su struttura metallica, che ricordano vagamente il fiore del melograno. I petali sono ricoperti di un polimero che ombreggia e raccoglie facilmente l’acqua piovana, riversandola in contenitori di terracotta. Questo antichissimo sistema di vasi semisepolti nel terreno si chiama Oya e consente di risparmiare dal 50 al 70% di acqua rispetto all’irrigazione standard. Infatti questa raccolta è poco o nulla soggetta ad evaporazione e diffonde lentamente l’acqua alle piante attraverso la porosità della terracotta, dato che gli alberi tendono a circondare l’oya con la capillarità delle loro radici. Un principio quindi semplicissimo, come l’uovo di Colombo, ma per nulla scontato per un giardino che, di fatto, si autoalimenta e ha un’interessante presenza scenica: un progetto francese di Dufour e Flavigny, rispettivamente paesaggista e architetto. A conferma del fatto che ci possono essere soluzioni per il risparmio idrico non non soltanto funzionali, ma anche belle.

Vedere per credere

Il consiglio, l’anno prossimo, è di andare a vedere queste meraviglie con i propri occhi.

 

In foto: Il parco del castello di Chaumont sur Loire (Ph Marco D. Introini)

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