Se l’arte fa crack

di Andrea Mallamo

Deriva dall’inglese to crack. Ossia, spaccarsi. Una scelta legata sia alla volontà di proporsi come un movimento artistico di rottura sia alla decisione di sottolineare la “scissione molecolare tra naturale e artificiale”. Come recita il manifesto della Cracking Art, secondo cui “l’arte e la cultura sono l’unica possibilità di salvezza del mondo e dell’umanità”. 

Dalle grandi città alla provincia

Nonostante questo collettivo sia nato quasi trent’anni fa e rappresenti una delle correnti di pop art più famose al mondo, molti cittadini del territorio hanno scoperto soltanto ora i crackers – come si definiscono questi artisti -, conosciuti per la creazione d’installazioni urbane caratterizzate da animali giganti in plastica colorata riciclata. Merito del progetto espositivo del Comune di Gallarate che, in collaborazione con il Ma*Ga, ha portato le monumentali opere in plastica rigenerata dalle grandi città alla provincia di Varese. Collocandole non soltanto al museo d’arte di via De Magri, ma anche alla biblioteca Luigi Majno e nelle piazze Giovanni XXIII, della Libertà e San Lorenzo. 

Il colore della sostenibilità… e della solidarietà

Così – per la gioia di grandi e piccini, che accorrono anche dal circondario – maxi lumache, pinguini, conigli ed elefanti dai colori sgargianti e dall’anima green sono subito diventati protagoniste di selfie sui social, ma anche di piccoli, grandi gesti di solidarietà, tramite la vendita di rane create dagli artisti per raccogliere fondi per la comunità ucraina giunta in città per scappare dalla guerra. Ad accogliere i rifugiati è stato dunque un grande benvenuto tinto di speranza.

In foto: Una delle installazioni di Cracking Art in centro a Gallarate (Ph: Marco D. Introini)

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