Il gioco è cultura

di Andrea Mallamo

Il game designer bustocco Luca Borsa intervista per VareseMese Luca Raina, docente in tv e nella vita, esperto di didattica innovativa, anche grazie alla dimensione ludica

di Luca Borsa

Qualche lettore lo avrà visto nella serie televisiva Il Collegio, in cui interpreta il ruolo del professore di Storia e Geografia. Nella vita reale, Luca Raina è docente di Lettere nella scuola secondaria di primo grado, formatore e autore. Classe 1974, nato a Legnano nell’Alto Milanese, è diventato vicepreside dell’istituto Toscanini a Casorate Sempione, nel Varesotto. Ha collaborato con il Politecnico di Milano curando corsi sul Cloud Learning e sperimentando percorsi di didattica innovativa in ambito museale e sull’uso della robotica per la risoluzione dei conflitti. Autore e formatore sull’uso delle Risorse Didattiche, delle Web App e alla didattica digitale (Pearson ed Erickson), ha ideato e amministra il canale YouTube APP per PROF. Su Instagram invece si occupa di diffondere cultura in modo ludico e leggero: letture, giochi e anche fumetti. Viaggia a ritroso nel tempo, saltuariamente, insegnando appunto nella trasmissione tv di Rai 2, in cui un gruppo di ragazzi si ritrovano catapultati in un collegio degli anni Novanta.

Tu hai un ottimo rapporto con il gioco e con il mondo ludico: ci vuoi declinare questa tua passione in quello che fai?

Semplicemente gioco, o meglio non ho mai smesso di giocare. Anzi, a voler essere ancora più preciso non ho mai smesso di approcciarmi a ogni cosa con profonda leggerezza. La letteratura è un gioco, come argomentavano i poeti provenzali e Raymond Queneau, la matematica è un gioco, un gioco armonico, come sosteneva Pitagora. Senza voler urtare nessuno, geometria e cabala giocano con numeri e simboli nel testo sacro. Se vedere il gioco in ogni cosa è fuorviante, ribaltiamo la prospettiva: ogni cosa sottende il gioco perché il gioco è cultura. Quando insegno cerco sempre di introdurre elementi che stimolino la curiosità. E il gioco è perfetto per questo approccio. Si può arrivare a fondo, ma solleticando e motivando.

Quanto il mondo della scuola, in un momento così difficile, può essere il vero motore per un rilancio verso un futuro di post pandemia?

Winston Churchill era convinto che una buona crisi non andrebbe mai sprecata. Proprio il concetto di crisi implica un momento di svolta, un punto critico per superare la paralisi, le inerzie, gli ostacoli. A maggior ragione nella scuola. La pandemia non ha peggiorato nulla, è solo un catalizzatore di problemi già in essere: occorre rinnovare la didattica, ripensare al tempo scuola, recuperare contatto con il mondo della concretezza e non stigmatizzare il digitale, ma usarlo in modo consapevole e mirato. E il gioco? Innovare la didattica non significa introdurre tablet e smartphon in classe, ma offrire metodologie per l’apprendimento innovative. Didattica ludica compresa.

Quali sono invece gli strumenti/giochi o consigli che daresti ad un genitore per rapportarsi con i propri figli?

Il consiglio è di non forzare. I bambini sono immersi in una dimensione ludica che non si perde crescendo, ma si modifica, si plasma. Anche gli adulti giocano, ovviamente. Non forzare, dunque, significa non imporre: avvicinarsi al gioco e non trascurarne il valore relazionale e cognitivo. Se con i figli più piccoli si mangiano torte immaginarie e bevono caffè inattendibili, con quelli più grandi assecondate la narrazione, l’avventura. Anche dei videogiochi, ma con la consapevolezza che se il gioco è relazione e se i figli sono abituati a giocare con voi, sarete sempre un punto di riferimento.

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