“Giocare è una cosa seria”

di Andrea Mallamo

Lucia Berdini è una Play Coach, World Laughter Ambassador, Gibberish and Nonsense Coach, Playfight Trainee e Chief Happiness Officer con 2bhappy, oltre che TEDx speaker: ha formato più di 100 leader di Yoga della Risata in tutta Italia e, attraverso il progetto Playfactory, di cui è fondatrice,9 aggrega persone che vogliono diffondere la cultura del gioco in ogni sua forma 

di Luca Borsa

Sei l’ideatrice e una delle autrici del Manifesto del Gioco. Ci vuoi raccontare quest’idea e le motivazioni che ti hanno spinto a farlo?

ll sogno del Manifesto del Gioco frullava nella mia testa da anni finché un giorno, nel 2019, ne ho parlato con un amico e collega, Michele Pierangeli, e – con lui come alleato – abbiamo cominciato ad incontrarci… il processo è durato più di un anno e il Manifesto in questo lasso di tempo è cambiato moltissimo. Ora siamo un core team di 7 persone, con  Michele Pierangeli, Dario Solina, Emanuele Ciccarelli, Sara Cavalieri, Anthony Trahair, Fabrizio Lonzini: amici con cui ogni settimana ci impegniamo a far crescere il Manifesto, a sognare forte e giocare insieme.

Diffondiamo la cultura del gioco per cambiare il mondo perché, è la scienza a dircelo, la deprivazione dal gioco genera moltissime problematiche sociali e portato a conseguenze importanti in vari ambiti della nostra vita: aumento della depressione, aumento della possibilità di sviluppare dipendenze, diminuzione della capacità di autocontrollo, difficoltà ad adattarsi al cambiamento, fragilità personale e incapacità di instaurare relazioni interpersonali profonde, tendenza a commettere o essere coinvolti in atti criminali… in alcuni casi si è registrato l’aumento di psicosi nei soggetti osservati.

Per questo vogliamo che la cultura del gioco sia integrata nella vita delle scuole, delle famiglie, ma anche delle aziende e dei Comuni: per far nascere nuovi spazi di educazione emozionale e sociale, in cui allenarci alla libertà, crescere insieme e costruire le basi per una società attiva, propositiva e felice.

  

In quale modo il gioco può entrare in contesti dove non c’è oppure è visto come inutile o addirittura dannoso?

Può farlo, anzi lo farà, ma ci vuole pazienza. Come dico nel mio Ted Talk, giocare è una cosa seria e uno dei principi per portare il gioco negli ambienti playphobici è non avere fretta. Negli ultimi anni, l’industria ludica sta crescendo moltissimo… ecco io credo che accanto agli artefatti di ci sia bisogno di una sensibilizzazione al tema della ludicità – o lusorietà – come bisogno biologico innato, che ha bisogno di essere nutrito e integrato nelle politiche di innovazione sociale. Il Manifesto del Gioco vuole rendere questo processo più veloce, perché  troviamo che sia non più procrastinabile. Quando sarà chiaro che non è più un’opzione, ma è qualcosa di necessario credo che anche gli ambienti più ostili si apriranno a questo mondo: alcuni per consapevolezza e altri che seguiranno perché diventerà una moda.

 

I bambini imparano tutto attraverso il canale ludico: quanto è importante quindi che gli adulti siano capaci di giocare con loro? 

Questo processo di consapevolezza deve investire anche e soprattutto le famiglie e chiunque passi del tempo con i bambini. Il gioco è il lavoro dei bambini, diceva Maria Montessori, e permettere loro di avere i tempi e gli spazi di gioco è imperativo per la loro salute fisica, mentale ed emotiva. Il gioco è anche il modo naturale con cui i bambini riempiono il loro bicchiere emotivo, come dice il terapeuta Lawrence Cohen. Avere uno spazio quotidiano di gioco con chi si prende cura di loro è per i bambini un vero canale d’amore che purtroppo – noi adulti – non comprendiamo né nutriamo abbastanza. Una delle obiezioni primarie che incontro è che giocare con i bambini è stancante, perché hanno dei modi molto diversi dai nostri per divertirsi, ricordiamo però che ciò di cui hanno bisogno non è una grande quantità di tempo, bensì di una grande qualità. 

  

Lasciaci una frase, un messaggio che possa essere di aiuto alla divulgazione del gioco… 

Ritroviamo, come adulti, il nostro elemento di gioco. Quell’attività che ci accende e ci appaga e dedichiamole almeno 1 ora della nostra settimana. Cambierà tutto, ve lo assicuro!

In foto: Lucia Berdini

 

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