Fragili

di Andrea Mallamo

Dai Paesi sede di conflitto o post bellici a quelli del Maghreb: le scale di VareseMese, da cui ogni giorno alle 20.05 conduciamo le nostre interviste tv, ci portano a vedere le ripercussioni del Coronavirus sull’universo femminile anche in altre nazioni 

di Chiara Milani

“Siamo abituati a doverci adattare. Ovviamente all’inizio è stato uno shock, perché il lockdown c’è stato ovunque, anche nelle nazioni che seguiamo noi”. In scalo a Dubai, diretto prima nella sua Siria e poi in Iraq, dove è impegnato attualmente, Firas Deeb ci spiega così in che modo l’organizzazione non governativa per cui lavora si sia abituata velocemente alla nuova normalità nelle nazioni fragili in cui è attiva. Contesti difficili, in cui opera in comunità dove c’è poco o nessun sostegno per i giovani studenti e imprenditori da parte del governo locale o del settore privato. Un’azione portata avanti con 20 uffici nel mondo e rivolgendo i propri sforzi soprattutto a favore delle donne, che rappresentano circa il 60% del target dell’Ong Spark. Siriano che attualmente risiede nel Lussemburgo, venendo assegnato da 8 anni a differenti nazioni sede di conflitto o che ne stanno uscendo, il nostro interlocutore prosegue: “Nei primi momenti della pandemia abbiamo perso contatti con le persone, ma poi abbiamo trovato il modo di ricalibrare i nostri piani, soprattutto abbiamo spinto sulla digitalizzazione, aiutando anche le università a fare lezioni ed esami online e a fare addirittura tirocini digitali”.

La rete… di salvataggio

Peraltro, la digitalizzazione si sta rivelando vitale pure per salvare le donne in altri contesti. Anche dal punto di vista della violenza di genere. A spiegarcelo da Casablanca è Asmaa Bensilame, presidente fondatrice del Centro diplomatico pubblico marocchino, che ricopre incarichi di vertice in associazioni femminili internazionali: “Prima del Coronavirus, il Marocco ha adottato una legge contro la violenza sulle donne, durante il lockdown il ministero ha aperto oltre 60 centri per le vittime di questi soprusi e ha supportato i centri di ascolto delle Ong che in certi casi lavorano 7 giorni su 7, 24 ore al giorno. Inoltre, è stata fatta una piattaforma digitale per raccogliere le richieste di aiuto e una vasta campagna destinata alle donne e alle ragazze che si trovano in situazione di difficoltà”.

Strette nella morsa tra difficoltà sul lavoro e in famiglia

Oltre alla violenza fisica, c’è poi quella economica. Come ci conferma sempre dal Maghreb, in questo caso dalla Tunisia, Fares Ben Souilah, business coach, consulente per le Risorse umane, formatore internazionale di soft skills, oltre che giornalista radiofonico e TEDx speaker, a cui chiediamo del report di 12 pagine stilato dall’Un Women proprio sull’impatto di genere che sta avendo la crisi da Covid-19 nel suo Paese: “Anch’io ho letto il report. Sicuramente a causa del lockdown prima e del coprifuoco ora le persone sono più nervose, perché sono costrette a stare a casa, quindi purtroppo c’è stato un aumento anche dei divorzi. Inoltre le donne hanno tutte le sfide connesse sia al mondo del lavoro sia alla famiglia, con i bambini a casa da scuola. Quanto all’occupazione, sia i maschi sia le femmine purtroppo lo stanno perdendo a causa di questa crisi, ma forse in alcune aziende le donne sono più sacrificate perché certi imprenditori pensano che in questo contesto gli uomini possano essere più efficienti”.
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