Il grande incontro

di Andrea Mallamo

Il 4 ottobre, a Varese, la presentazione del racconto inedito di Guido Morselli, sempre più “riscoperto”. Abbiamo intervistato Lidia Terziroli, che ne ha curato la postfazione e la nota al testo, oltre ad essere autrice del romanzo biografico Un pacchetto di Gauloises

di Filippo Brusa

Nel cuore di una calda notte varesina, all’interno di una dépendance in via Limido, tra il 31 luglio e il primo agosto 1973, lo scrittore Guido Morselli, alla soglia dei 61 anni decide di togliersi la vita. Con un colpo di pistola alla tempia. Inizia così, brutalmente, la nota vicenda postuma dello scrittore Morselli, che è diventato, all’interno del panorama letterario novecentesco, l’emblema dell’inedito, dello scrittore che, per essere pubblicato, deve necessariamente uscire di scena. Inizia così, altrettanto violentemente, la biografia che a Guido Morselli ha dedicato la docente e saggista varesina Linda Terziroli che, dopo una laurea in Lettere dedicata allo sfortunato scrittore, ha riservato a lui molte opere, ha fondato un premio letterario per il romanzo inedito (Il Premio Guido Morselli, con dieci anni di attività alle sue spalle) e, sempre insieme al professore e poeta Silvio Raffo, ha dato vita a un museo dedicato allo scrittore presso la sua dimora gaviratese, il buen ritiro della Casina Rosa

Un pacchetto di Gauloises

Proprio pochi giorni prima dell’anniversario del suicidio di Guido Morselli, ha infatti visto la luce editoriale, il suo Un pacchetto di Gauloises, edito da Castelvecchi: una biografia dal taglio personale e narrativo (talvolta autobiografico), non dunque tradizionale e letteraria, ma quasi un romanzo, un’esplorazione e un viaggio di ricerca sulla vita di Morselli. Il romanzo biografico (non una biografia romanzata) ripercorre, per la prima volta, la vita dello scrittore attraverso i luoghi profondamente lombardi (Varese, Milano, Gavirate) in cui visse, cavalcò e scrisse, produsse vino e si costruì la sua casina rosa ai margini del bosco prealpino, arrivando fino all’America del Vermont dove la Terziroli ha incontrato Mario, il fratello dello scrittore, prima che anche lui morisse. L’autrice, infatti, ritorna sui luoghi morselliani, li descrive con una narrazione sospesa tra l’incuria del tempo e la ferita della morte, allacciando le tappe fondamentali di un’esistenza tormentata, vissuta ai margini dei cenacoli letterari (da leggere le lettere di rifiuto di Calvino, Sereni, lo spietato cinismo di Chiara) con l’aspirazione di essere uno scrittore apprezzato, che si è trasformata in fallimento ed esasperazione. 

Nel libro trovano nuova vita i volti delle persone che hanno conosciuto lo scrittore, i suoi dolori, i suoi amori e vengono alla luce vicende significative grazie alle testimonianze vive delle persone che l’autrice ha incontrato, in un arco di tempo di dieci anni e che, nel frattempo, sono scomparse. Pagine commoventi che suggeriscono nuove prospettive nella lettura del destino umano, come rivela appunto la testimonianza di Mario Morselli nel freddo Vermont. Quando l’autrice incontra, per la prima volta, il fratello dello scrittore: “Ripenso a quando sono arrivata da Mario, alle sue prime parole: «Se avessi saputo che avresti preso la compagnia Delta per il viaggio (l’etichetta con la scritta blu e il simbolo della compagnia penzolava timidamente dalla mia valigia), ti avrei proibito di venire. Quando è morto Guido sarei dovuto salire su un volo Delta e l’aereo è precipitato. Avevo imbarcato il pesante baule, ero tornato un momento a casa, pensando di fare giusto in tempo a prendere altre cose, non ricordo bene quali. Ma quando sono arrivato all’aeroporto di Burlington, l’aereo era già partito. Con il taxi sono andato in Canada e sono partito con il primo volo da Montreal. L’aereo che avrei dovuto prendere si è inabissato con tutti i libri antichi, preziosi, che avevo raccolto, un’importante collezione, e che portavo in Italia dentro il grande, pesante baule». Il momento esatto della morte di Guido non era ancora stato segnato dagli orologi americani, ma il destino si era ormai compiuto. Un abisso di sofferenza si apriva per la famiglia di Guido. Mario era andato verso l’aeroporto di Burlington, ma aveva fatto troppo tardi. Il volo era ormai già partito. Maledizione. O forse il contrario”.
Scrivere una biografia significa scegliere che cosa svelare e cosa nascondere. Ritieni sia così? Che cosa hai deciso di non rivelare? 

Ho cercato di essere fedele all’uomo, più che allo scrittore. Ho scelto di fidarmi dei miei testimoni, ma non ciecamente. In diversi punti della mia opera, riporto le parole, fedelmente imprigionate dal mio registratore, ma un attento lettore può indovinare il mio pensiero. Nelle mie precedenti pubblicazioni morselliane, avevo accarezzato sempre l’idea di ripercorrere in un’opera unica la biografia di Guido Morselli, rivelarne particolari inediti, di dare di lui la “mia versione”. Il progetto biografico mi sembrava allora troppo ambizioso e impossibile da realizzare e non posso negare che non pochi siano stati gli ostacoli sul cammino. Non da ultimo le difficoltà di trovare una casa editrice che volesse pubblicare la biografia di uno scrittore postumo. La mia volontà da un lato e la fiducia che i familiari di Guido hanno riposto nel mio lavoro sono stati il volano per la realizzazione di questo lavoro, che in principio era davvero soltanto un’idea. Tuttavia, molti particolari, nel corso mie lunghe ricerche sulla biografia di Guido Morselli, sono andati perduti per incuria, per dimenticanza, per dolore (ad esempio, nella ricostruzione del momento del suicidio ci sono versioni in contraddizione tra loro), semplicemente perché il tempo è trascorso dal 1973 e dalla scomparsa dello scrittore. Numerose domande, come ho avuto modo di scrivere, sono destinate a rimanere senza risposta. Quali erano le due case editrici che restituirono il capolavoro Dissipatio al mittente? Che fine ha fatto la “ragazza dall’occhio nero”? Dove si trova la Browning 7 e 65 di Guido Morselli? Queste sono solo alcune domande a cui purtroppo non sono stata in grado di dare risposta. Ma, forse, domani…”. 

All’interno dell’antologia critica che hai curato nel 2016, Un Gattopardo del Nord (Macchione) di concerto con il Professor Raffo, due contributi accennano a possibili iniziative future: un gemellaggio tra la Casina Rosa e il Vittoriale di d’Annunzio e la creazione di un complesso museale ad ampio raggio di cui la Casina possa costituire il polo centrale. Ritieni siano due strade percorribili, magari sfruttando proprio la forza propulsiva del Comitato? 

Sogno da anni di vedere la Casina Rosa trasformata in un piccolo museo (il mio modello esemplare è la casa museo Hermann Hesse di Montagnola, sopra Lugano, nella vicina Svizzera amata dal Morselli) o in una raccolta museale o casa d’artista. La casina appartiene come da lascito testamentario al Comune di Gavirate. La casa, intonacata di Rosa, disegnata e costruita dallo scrittore negli anni Cinquanta è ai margini di un bosco prealpino, alle pendici del Campo dei fiori, sul podere Santa Trinità, circondata dal verde che guarda ai laghi e alla catena del Monte Rosa. La Casina Rosa è oggi sede di una mostra permanente allestita dal Comitato Guido Morselli Il Genio Segreto (il cui presidente in carica è Silvio Raffo), tuttavia i visitatori possono accedere soltanto in occasioni particolari di apertura o durante particolari escursioni appositamente organizzate. Questa dimora, dove Guido Morselli ha ideato e scritto le sue opere narrative per vent’anni, sarebbe l’unica casa – museo di scrittore visitabile e aperta al pubblico nella provincia di Varese. Potrebbe quindi costituire una tappa ideale del percorso di visita ai luoghi morselliani d’ispirazione letteraria. Ritengo, dunque, che il progetto di rendere la Casina Rosa di Gavirate una raccolta museale e introdurla all’interno di un complesso museale di più ampio raggio sia ancora una strada percorribile e un disegno sempre vivo tra i desideri del Comitato. Altrettanto interessante resta a mio avviso l’idea di Giordano Bruno Guerri di costituire un gemellaggio con la Casina Rosa e inaugurare una rete di case-museo di scrittori lombarde o dell’Italia settentrionale. Al fianco dei desiderata permane tuttavia la burocrazia e si nota un talora malcelato disinteresse della politica per i progetti culturali, segnatamente per quelli di matrice letteraria. La mancanza di una vera e propria forza trainante politico-amministrativa rende purtroppo difficoltosa e disagevole la strada che conduce alla realizzazione di questi ambiziosi progetti. 

Il testamento morselliano riporta indicazioni dettagliate sulle modalità di fruizione dei suoi importanti lasciti (librario e immobiliare). Provando a traslare il concetto su un diverso piano, quale ritieni sia l’eredità intellettuale che Guido ha lasciato ai posteri? L’eredità di Guido Morselli è costituita dalle sue opere, che hanno tuttora una grande vitalità letteraria ed è rappresentata anche dalle sue opere che ancora non hanno visto la luce, come le sue drammaturgie teatrali, a lungo studiate dal professor Fabio Pierangeli, dell’Università di Tor Vergata

In un’intervista risalente al 1998, Valentina Fortichiari asseriva che l’autore, nonostante il risarcimento postumo, non avesse ancora conquistato nella storia letteraria italiana degli ultimi trent’anni il posto che gli spetta accanto a veri e robusti scrittori. Come ti poni rispetto a quest’affermazione? Ritieni sia ancora così? 

Penso che l’affermazione di Valentina Fortichiari, ancora oggi la massima studiosa delle opere di morselliane, sia assolutamente condivisibile e valida. La particolare biografia di Morselli (non dimentichiamo il suicidio spesso considerato causato dalla questione editoriale) unitamente al corpus delle sue opere letterarie a cavallo tra modernismo e postmodernismo rende questo autore così particolare e anomalo rispetto al panorama della letteratura novecentesca. Lo scrittore postumo Guido Morselli, volente o nolente, incarna ancora oggi le difficoltà per uno scrittore non “raccomandato” di arrivare alla pubblicazione con importanti case editrici”. 

Quali sono i progetti futuri, hai già in cantiere qualcosa di nuovo? 

“Venerdì 4 ottobre alle 18 alla Sala Guido Morselli della Biblioteca Civica di Varese, il racconto inedito

“Ho curato la postfazione e la nota al testo del racconto inedito Il Grande Incontro di Guido Morselli, con presentazione venerdì 4 ottobre alle 18 alla Sala della Biblioteca Civica di Varese intitolata la compianto autore. Il testo uscirà in soli trecento esemplari e con una copertina curata dall’artista Barbara Nahmad per la prestigiosa casa De Piante. Si tratta di un racconto inedito – ambientato nell’anno giubilare 1950 – e probabilmente scritto negli anni 1955-1956, gli stessi della stesura di Fede e critica, che mette in scena un incontro segreto fra Stalin e Papa Pio XII (personaggi mai nominati, ma ben riconoscibili): incontro che non ha mai ha avuto luogo, ma possibile. A fine febbraio 1953, in piena Guerra Fredda, il Maresciallo prima di morire (una settimana dopo, il 5 marzo 1953), avrebbe tentato un riavvicinamento tra la Santa Sede e l’Unione Sovietica. Morselli, dunque, poteva essere a conoscenza del tentativo diplomatico di incontro tra le due altissime personalità. Lo scenario, non così lontano dalla realtà, in questo caso, è un’ucronia, un’ipotesi retrospettiva possibile, anzi probabile. «Se la politica è l’arte del possibile, la storia è la scienza del probabile», dice del resto Morselli, riprendendo Edward Gibbon.

In foto: Linda Terziroli – Ph: Luca Tonin, wwww.lucatonin.com, Instagram: _lucatonin

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