Fino all’8 novembre Varese ospiterà la dodicesima edizione della manifestazione internazionale. Un’occasione per riflettere sulle alternative agli scatti “usa e getta”, mentre aumentano gli appassionati del settore
di Chiara Milani
Quaranta giorni per rendere ancora una volta Varese “città della fotografia”. Inaugurata a fine settembre, la dodicesima edizione di Oktoberfoto proseguirà fino all’8 novembre. Con un programma articolato e “alla moda”. A spiegarcelo è Diego Boldini, fotografo free lance varesino classe 1969, tra gli organizzatori della manifestazione fotografica internazionale. Un evento nato da un progetto del Foto Club Varese e che ora, oltre al partenariato dal Comune, annovera il patrocinio di Provincia, Acli, Università dell’Insubria, Enaip e Arci. Coinvolgendo quasi una ventina di associazioni fotografiche, ospiti da diversi Paesi e una rete di realtà di cui, per il primo anno, anche VareseMese è lieta di far parte.
Quali sono le tendenze del momento in campo fotografico?
C’è gente che si sente fotografa soltanto perché usa il cellulare. Ora, senza demonizzare nulla, perché è sempre una questione dell’utilizzo dello strumento e non tanto dello strumento in sé, di certo oggi c’è un trend “usa e getta”, cioè che riguarda un consumo sfrenato. Interessante è proprio cercare di fare una distinzione tra chi fa fotografia per cercare di raccontare qualcosa, personale piuttosto che documentale, da quella che è la produzione d’immagine fine a se stessa. Nelle vera fotografia c’è dietro un pensiero, un’idea, una capacità di svilupparla. In questi termini, adesso si sfrutta molto bene quello che è il digitale in ambito professionale. Quindi, l’immagine diventa molto dinamica sia sotto l’aspetto cromatico sia sotto quello narrativo, muovendosi di più nella ricerca dei soggetti e del racconto dal punto di vista di concetto. Dunque, spostandosi maggiormente verso il perché si è arrivati a narrare qualcosa in un progetto, racconto o quant’altro: la differenza sta proprio nel riuscire a cogliere quello che può essere l’argomento del momento e svilupparlo. Poi, che io lo faccia in analogico, digitale o con lo smartphone… quello che conta è il risultato finale. Però col cellulare si è avuta più la tendenza a riempire i social d’immagini, facendo un catalogo della propria giornata. Questo non è fotografia: è un linguaggio differente.
Da quando, con gli smartphone, in teoria siamo diventati tutti fotografi, gli appassionati del settore sono aumentati o diminuiti?
Sono aumentati: c’è stato un avvicinamento alla fotografia grazie al digitale, soprattutto per una questione di costi. Prima c’erano i costi per rullino, sviluppo, stampe… magari senza essere certo del risultato. Il digitale ha avvicinato molto alla foto un pubblico assai più vasto, perdendo un po’ l’aspetto tecnico del fotografo. Poi ci sono gli appassionati veri che, qualsiasi cosa utilizzino, vanno ad approfondire sia l’aspetto tecnico sia quello narrativo, con tantissimi fotoamatori che fanno un lavoro incredibile. Quindi, nel recente fenomeno c’è qualcosa di buono, perché comunque molta gente si è riuscita ad avvicinare a questa forma d’arte.
In quest’ottica, come si pone la dodicesima edizione di Oktoberfoto?
Abbiamo proprio proposto spazi dedicati ai progetti dei fotoclub: una narrazione piuttosto che temi specifici, anziché scatti singoli. Per esempio, l’esposizione sulle copertine dei 33 giri riprende l’idea grafica delle custodie dei dischi, creandone di nuove. Un’altra va a pescare nella pittura del surrealismo, quindi omaggiando i suoi protagonisti, dando così importanza anche a una formazione culturale dal punto di vista pittorico. Abbiamo dunque puntato proprio in questa direzione, dando argomenti in cui uno deve avere l’idea di quello che va a fare. Questo per noi è importante e dunque ci muoviamo in tale direzione. In linea dunque con le tendenze attuali sia per quanto riguarda noi sia per i fotografi più affermati invitati, che pure presentano non tanto immagini singole, ma proprio diversi lavori nati dal loro concepire la fotografia sotto l’ottica del progetto.
In foto: Omaggio al surrealismo – Ph: Diego Boldini – Collettiva FCV
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