In vista della ripartenza delle scuole, Marco Introini, floral designer di Gallarate, ricorda quanto sia importante coltivare nei più giovani la sensibilità per la bellezza della natura
Di Marco D. Introini
Non é mai appassita, ma meriterebbe di essere coltivata con più cura. Stiamo parlando della cultura floreale, che in Italia (e non solo) ha una lunga tradizione. Basti pensare che, una decina di anni fa, assieme ad alcuni colleghi, partecipai a un progetto sperimentale del ministero dell’Agricoltura per diffondere la cultura del fiore fra le nuove generazioni.
La forma della felicità
Questa bellissima iniziativa – ahimè mai più replicata e che mi piace ricordare all’inizio del nuovo anno scolastico – si svolse nella Reggia di Venaria Reale nei dintorni di Torino. In tre giorni, più di 600 bambini delle elementari parteciparono a un laboratorio floreale, imparando a comporre con i fiori. La prima domanda che veniva rivolta ai piccoli, all’inizio della lezione, era: “Che cosa rappresentano per te i fiori?”. La risposta più diffusa è stata: “Felicità”.
Dal primo vagito all’ultimo viaggio
Ciò la dice lunga su quanta sensibilità abbiano le nuove generazioni verso il contatto con la natura, ma ci fa capire pure che la flora è parte integrante della nostra cultura. Una nuova vita si festeggia sempre con i fiori, così come costituiscono la cornice degli altri momenti più importanti della nostra vita, negli aspetti sociali, religiosi, nei traguardi raggiunti, nella costituzione di una nuova famiglia, fino al nostro ultimo viaggio terreno.
Non solo natura morta
Anche nell’arte i fiori si incontrano molto spesso: nella pittura non c’è artista che non si sia cimentato nella loro rappresentazione, dalla classica natura morta con le essenze poggiate su di un tavolo o raccolte in un vaso, fino a vette come “i girasoli” di Van Gogh. Pensiamo ai festoni di foglie, fiori e agrumi che decoravano le opere di Andrea Della Robbia, pensiamo ai decori delle straordinarie maioliche che abbelliscono il Chiostro di Santa Chiara a Napoli.
Fonte d’ispirazione poetica
Anche il mondo dei poeti ha dedicato alle bellezze floreali un gran numero di versi e rime, da Pascoli a Neruda a Garcia Lorca o José Martì, che scriveva: “Coltivo una rosa bianca a giugno come a gennaio, per l’amico sincero che mi tende la sua mano. E per il crudele che mi strappa il cuore con cui vivo, non coltivo né il cardo né l’ortica; coltivo la rosa bianca”.
Nel mondo letterario, Antoine de Saint-Exupéry nel Piccolo Principe costruisce un’intera storia su una rosa: “É il tempo che hai perduto per la tua rosa, che ha reso la tua rosa così importante” scrive, trasformandola in una metafora della vita.
Note “profumate”
Anche il mondo della musica ha sempre riservato una grande spazio per i fiori: quelli della mia generazione ricordano benissimo Sergio Endrigo, che cantava “per fare tutto ci vuole un fiore”, insegnata ancor oggi ai bambini. Anche andando indietro nel tempo, poi, Verdi nella sua Traviata fa donare a Violetta Valery una rosa allo spasimante Alfredo Germont, con l’impegno di riportarla quando sarà appassita.
Il linguaggio dei fiori
Insomma: fiori messaggeri di metafore e di amore. Tanto importanti nel trasmettere quello che le parole non riescono a dire, al punto che Charlotte de Latour, nel 1819 ne codificò i significati, facendo una ricerca indietro nel tempo, partendo da tradizioni talvolta millenarie, aneddoti e studi botanici. Un vero e proprio caposaldo del romanticismo.
In conclusione, ricordiamo però ciò che scrisse il grande Oscar Wilde: “Un fiore fiorisce per la sua stessa gioia”.
In foto: La statua del Piccolo Principe al Roseto della Pace di Induno Olona