Come sono cambiate le composizioni floreali nel tempo: ce lo spiega Marco Introini, floral designer di Gallarate, il quale ci conduce alla scoperta dell’evoluzione delle creazioni fiorite, che oggi arrivano ad essere delle vere e proprie opere, realizzare con un materiale vivo e già di per sé bello: una vera gioia per gli occhi e per l’anima
di Marco D. Introini
Avete mai provato a posizionare fiori in un contenitore? Sono sempre o troppo lunghi o troppo corti, cambiano in continuazione di posizione, non troviamo mai il vaso giusto in cui metterli e, quando lo troviamo, fatichiamo a disporli comunque. Ciò perché? Perchè comporre con i fiori è una vera e propria arte, non a caso è chiamata “arte floreale”.
Tra arte e tecnica
In effetti le regole da conoscere per creare composizioni fiorite sono tante: ci sono quelle tecniche, per fare in modo che il fiore viva a lungo e mantenga la posizione desiderata, e poi quelle artistiche, che sono ispirate dalla teoria dei colori di Itten e dalla regola aurea, ovvero la Divina Proportione, teorizzata da Leonardo da Vinci, partendo dagli studi di Fibonacci e Luca Pacioli (su cui potete trovare notizie anche nell’archivio online di VareseMese).
La natura come fonte d’ispirazione
L’arte floreale, così come la conosciamo ai giorni nostri, è piuttosto recente ed è stata codificata dopo la metà del secolo scorso: fino ad allora si componevano i fiori piuttosto semplicemente, andando a replicare quelle opere pittoriche che avevano i fiori come protagonisti. Pensiamo a quante nature morte abbiamo visto riprodotte sui libri d’arte, tipo i Girasoli di Van Gogh o la magnificenza delle composizioni dell’Arcimboldo o ancora i festoni di Andrea della Robbia.
A colpi di… spugna
I fiori venivano lavorati perlopiù in vasi, ma c’era il problema dell’acqua e della stabilità. Poi s’iniziò a riporli in cesti riempiti con sfagno inumidito, per fare in modo che potessero essere disposti in modo anche un po’ inusuale, ma mantenendo un minimo d’idratazione. Pensate, ad esempio, alle foto dei matrimoni degli anni del dopoguerra, con quegli splendidi cesti col manico riempiti di infiorescenze, oggi caduti in disuso. Il vero cambio di paradigma nel modo di lavorare i fiori, però arrivò più avanti, con l’invenzione della spugna fenolica (quella che conosciamo come spugna per fioristi). Fino a quel momento, creare composizioni stabili, che fossero trasportabili, oppure che stessero in orizzontale, era quasi impossibile. A meno di utilizzare il kenzan, quel supporto di piombo con chiodi in ottone, che viene ancora comunemente utilizzato nelle composizioni di origine giapponese chiamate ikebana.
Oltre la decorazione
Con l’uso della spugna si risolse dunque tutto un insieme di problemi tecnici e si giunse a creare composizioni di ogni forma e tipo, andando così a definire tutta una serie di stili compositivi molto diversi fra loro. Negli anni Settanta nacquero anche in Italia le prime scuole di arte floreale e iniziarono a diffondersi libri e riviste sull’argomento. In tempi più recenti le tecniche si sono poi evolute: sono nati diversi nuovi materiali, come le colle per fiori recisi, che hanno portato fioristi e floral designer a potersi esprimere nella maniera più completa, potendo ora lavorare il prodotto in ogni modo e posizione possibile. Così, se comporre con i fiori prima era un mero esercizio di decorazione, ora invece si può creare in maniera molto più espressiva, elaborando delle vere e proprie opere d’arte.
Triplice know how
Il bello dell’arte floreale è che racchiude in sé le tecniche pittoriche, scultoree e botaniche, unite alla bellezza di poter lavorare in maniera versatile un materiale vivo e già bellissimo di suo.
Ad aprile fiorisce un mondo di bellezza
Il mese di aprile ci porta in dote la Coppa Italia di Arte Floreale ad Alessandria ed Euroflora a Genova. Se volete rendervi conto di persona di quanto letto, vi invito a visitarle: scoprirete un mondo di bellezza, emozioni e colori.
In foto: Una composizione del floral designer gallaratese Marco Introini.