Yolo, che economy![VIDEO]

di Andrea Mallamo

Millennials e Generazione Z conquistati anche in Italia dalla tendenza che arriva da Oltreoceano all’insegna della flessibilità lavorativa: le ripercussioni sul tessuto imprenditoriale del territorio secondo Massimiliano Serati, economista della Liuc – Università Cattaneo 

di Chiara Milani

Yolo. Ovvero: You only live once. Che, tradotto in italiano, significa “si vive una volta sola”. E’ la tendenza ispirata da una canzone di un rapper canadese. Una visione esistenziale che, con la pandemia, è in forte crescita tra i giovani lavoratori. Anche in Italia. Compresa la Lombardia, che del Belpaese è ancora il motore economico.

Fuga dal lavoro dipendente

Questo trend è in linea col bisogno di leggerezza che si avverte sempre più a fronte al pesante quadro dell’ultimo biennio. Per capire meglio di che cosa si tratti, quali nuovi scenari e quali siano le sue ripercussioni, nell’ambito della nostra trasmissione di approfondimento tv Varese, diamo i numeri – in onda ogni secondo venerdì del mese alle 20 su Rete55 – ci siamo come sempre rivolti all’economista Massimiliano Serati, che da tempo insegna Politica economica alla Liuc – Università Cattaneo di Castellanza e che quindi conosce bene la Generazione Z attuale così come i Millennials che l’hanno preceduta. Ossia, i protagonisti di questa “rivoluzione” lavorativa. “Si tratta di un fenomeno che prevede diciamo una fuoriuscita dal mercato del lavoro tradizionale e quindi da forme di lavoro dipendente e tradizionali da parte appunto di persone giovani, che avviano un’attività imprenditoriale propria, soprattutto negli ambiti della consulenza e della digitalizzazione: un fenomeno che era già in corso prima del Covid19, soprattutto Oltreoceano, che poi la pandemia sembra avere acuito anche al di qua dell’oceano. In particolare nel mondo anglosassone, ma adesso anche nell’Europa continentale”, spiega il nostro interlocutore: “Coloro che sono coinvolti sono giovani che cambiano orizzonte, decidono di rischiare, di sposare una modalità di lavoro più flessibile e quindi di sposare diciamo dei ritmi di vita diversi”. 

Tra opportunità e rischi

Quanto tale bisogno sia avvertito, lo confermano i dati. Numeri alla mano, infatti, sembra davvero che sia un fenomeno in crescita. “Parliamo di un aumento di circa il 25% di domande di avvio di nuove imprese innovative e costituite da una sola persona”, conferma il responsabile della Ricerca della Liuc Business School, che incalza: “In un fenomeno così corposo, lo scenario che si apre è quello di una crescita del turnover sul  mercato del lavoro, appunto con fuoriuscite di figure di esperienza medio bassa dalle aziende e la nascita di una costellazione di iniziative imprenditoriali di imprese molto, molto piccole, addirittura quasi sempre costituite da una sola persona”. Di qui, l’analisi di Serati: “Siamo quindi di fronte a uno scenario che va nella direzione della flessibilità, ma che al contempo evidenzia qualche rischio, soprattutto rispetto alla sopravvivenza nel tempo di queste iniziative d’impresa”.

L’impatto sul mercato del lavoro

Restano da capire le conseguenze in generale in Italia e in particolare nel nostro territorio, dove l’impresa è sempre stata una presenza così significativa. “E’ difficile prevedere ora quali nuove prospettive si aprano con esattezza, però possiamo dire che queste iniziative d’impresa sono apparentemente facili, ma in realtà richiedono capacità di networking, qualche capitale non trascurabile per cominciare, una forte capacità di resistere in un mercato molto competitivo”, spiega il professore, che di incalza: “Quindi, non è affatto scontato che queste imprese possano sopravvivere nel tempo, così come non è scontato che ci sia un ritorno al passato. Tipicamente, queste cose procedono per cicli e fra qualche anno è difficile che chi è uscito decida poi di rientrare in azienda, per cui non è facile prevedere quali conseguenze ci saranno”. Resta però una riflessione di fondo: “Una cosa si può dirla: anche se fanno impressione alcuni numeri, soprattutto in termini di natalità di nuove imprese, parliamo di realtà molto piccole, quindi l’impatto in termini assoluti sul mercato del lavoro sarà comunque marginale”, conclude il docente universitario.

Cavalcando l’onda dei nuovi strumenti digitali

L’attuale scenario di grande incertezza si accompagna dunque ad altrettanto grandi punti interrogativi per questi ragazzi, che lasciano posti di lavoro tradizionali per avventurarsi in questa nuova esperienza alla ricerca sostanzialmente di libertà, di flessibilità, usando il lavoro da remoto e tutti i nuovi strumenti che la pandemia ha fatto meglio conoscere. 

“Serve prudenza”

Suscitando un po’ di apprensione, ma anche – inutile negarlo – un po’ di invidia nelle generazioni precedenti. Persino nel prof. “Un pochettino sì, perché è normale che la libertà di espressione e la flessibilità lavorativa siano un valore”, ammette Serati, che però aggiunge: “Al contempo, mi viene da suggerire loro qualche prudenza, perché la flessibilità lavorativa può essere anche uno specchietto pericoloso, se dietro non c’è una solida base di competenze e di consapevolezza del mercato”.

Bisogna pur sempre lavorare

Insomma, la Yolo Economy è una lama a doppio taglio. Come deduce anche il nostro cartoonist, Tiziano Riverso, che con la sua saggezza in punta di penna traduce in una vignetta il suo pensiero, che suona così: “ Ho letto parecchio su questa Yolo e tutti i termini che si usano sono sempre in inglese abbastanza impegnativi: smart working, flow generation, problem solving… ma alla fine, sempre lavoro è”. Come a dire: chiamatelo come volete, cambiate pure le modalità, ma alla fine per poter sopravvivere bisogna pur sempre lavorare. Come dargli torto? 

 

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Il sondaggio

 

38,5%

Secondo l’Osservatorio BenEssere e Felicità, quasi 4 lavoratori su 10 che hanno già un lavoro, hanno in mente di cambiarlo nei prossimi 12 mesi.

 

49%

La metà dei Millennials ricerca nuove opportunità, mentre si rileva decisamente meno mobile chi è al termine della carriera

 

18%

Secondo i primi dati del 2022, persino tra i Baby Boomers, quasi 1 su 5 sarebbe comunque disposto a cambiare lavoro

 

Il sondaggio ha coinvolto il 67,7% di dipendenti, il 13,3% di liberi professionisti, il 7% di manager e il 12% di imprenditori, per un totale di 1.079 persone

 

Gli obiettivi indagati dal secondo barometro della felicità della popolazione italiana attiva, tra cui il desiderio di abbandonare l’attuale lavoro e il suo significato

 

Le motivazioni

 

47%

Si evidenzia una situazione in cui le migliori condizioni economiche sono il fattore più desiderato tra i lavoratori

 

33%

La prospettiva di minore stress sul luogo di lavoro è la seconda motivazione che spinge alla cosiddetta Great Resignation

 

20%

Soltanto 2 lavoratori su 10 avrebbero come spinta migliori opportunità di carriera e di flessibilità di lavoro per intraprendere la scelta di licenziarsi

 

14%

Lo smart working sarebbe l’ultima motivazione a spingere i lavoratori che al momento non hanno interesse nel cambiare posto di lavoro

 

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