Nel 2018 l’Unione europea ha adottato una nuova raccomandazione per le mutate esigenze dei suoi cittadini. Abbiamo analizzato la situazione locale a livello internazionale, nazionale e regionale. La nostra inchiesta corredata dalle vignette del cartoonist Tiziano Riverso nella puntata della trasmissione Varese, diamo i numeri in onda venerdì 4 gennaio alle 20.10 su Rete55 (Canale 16)
di Chiara Milani
L’anno scolastico 2018-2019 rappresenta uno spartiacque. La nuova raccomandazione dell’Unione europea sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente è infatti arrivata giusto sei mesi fa. A dodici anni di distanza da quella adottata del 2006 per sviluppare un’educazione e una formazione adatte alle nuove esigenze dei cittadini dell’Eu.
Prepararsi al lavoro che ancora non c’è
Il perché si sia reso necessario aggiornare la raccomandazione è ben spiegato da Giuseppe Mariani sul sito della Disal (L’associazione dei dirigenti delle scuole autonome e libere): “Le società e le economie europee stanno vivendo una fase di innovazioni digitali e tecnologiche, oltre a cambiamenti del mercato del lavoro e di carattere demografico. Molte delle professioni attuali non esistevano dieci anni fa; molte forme nuove di occupazione saranno create in futuro. Nel Libro bianco sul futuro dell’Europa“, del 2017, la Commissione sottolinea che è probabile che la maggior parte dei bambini che iniziano oggi la scuola primaria eserciteranno domani professioni attualmente sconosciute e che per tenere il passo con tale cambiamento occorrerà investire massicciamente nelle competenze e ripensare i sistemi di istruzione e di apprendimento permanente”. Di qui la necessità che i giovani di sviluppino resilienza, un ampio corredo di competenze e la capacità di adattarsi ai cambiamenti.
Le previsioni nel Belpaese
Secondo il Progetto Excelsior (sistema informativo per l’occupazione e la formazione), nel quinquennio 2019 – 2023 il mercato del lavoro italiano avrà bisogno di un numero di occupati compreso tra i 2,5 e i 3,2 milioni. Questa previsione considera le esigenze dei settori privati e della pubblica amministrazione: oltre i tre quarti del fabbisogno sarà collegato al naturale turnover occupazionale (con una previsione per i prossimi cinque anni compresa tra 2,1 e 2,3 milioni), mentre la crescita economica genererà, a seconda della sua intensità e in maniera molto differenziata nei diversi settori, una quota di nuovi posti di lavoro che va dalle 427mila alle 905mila unità. A trainare la domanda complessiva di lavoro saranno la “rivoluzione digitale” (Big data, Intelligenza artificiale, Internet of Things) e la domanda di “ecosostenibilità” che richiederanno il coinvolgimento rispettivamente di 213mila e 481mila lavoratori.
Le nuove otto competenze-chiave
Quali sono dunque le nuove competenze-chiave raccomandate? Alfabetica funzionale, multilinguistica, imprenditoriale, digitale, personale, sociale e capacità d’imparare a imparare. E ancora, una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti in materia di cittadinanza e consapevolezza ed espressione culturali, oltre matematica e in scienze, tecnologie e ingegneria. Una raccomandazione in quanto tale però è un atto non vincolante, diretto a sollecitare gli Stati membri ad adottare un determinato comportamento. Quindi, non tutte le nazioni si sono attivate nello stesso modo e hanno ottenuto i medesimi risultati.
La situazione europea…
Sempre sul portale della Disal viene fotografata la situazione europea: “A fronte di tutto ciò, gli ultimi dati delle indagini Pisa dell’Ocse mostrano che nell’Unione europea uno studente su cinque non ha sufficienti competenze in lettura, matematica e scienze: tra il 2012 e il 2015 la tendenza a risultati insoddisfacenti è complessivamente peggiorata. Nei Paesi partecipanti all’indagine Ocse del 2012, una percentuale compresa tra il 4,9 % e il 27,7 % degli adulti padroneggia solo i livelli più bassi di alfabetizzazione e una quota compresa tra l’8,1% e il 31,7% ha competenze numeriche solo ai livelli più bassi”. Ancora: “Il 63% della popolazione dell’Ue non possiede competenze digitali in misura sufficiente, risultando scarse per il 44% e, addirittura, nulle per il 19%, sebbene il ritmo sostenuto dei cambiamenti tecnologici e digitali stia producendo effetti profondi sulle nostre economie e società”.
… italiana…
Leggendo l’analisi nazione per nazionale pubblicata nel 2018 dall’Education and Training Monitor della Commissione europea si notano i seguenti highlights che riguardano l’Italia. Innanzitutto l’investimento nell’istruzione è ben al di sotto della media europea, particolarmente in quella superiore. La qualità dell’istruzione superiore sta però ricevendo più attenzione e il framework per allocare risorse pubbliche alle università è migliorato negli ultimi anni. Ciò detto, la transizione dall’educazione al lavoro rimane difficile, anche per le persone altamente qualificate. In ogni caso, l’educazione civica e alla cittadinanza è definita per legge con un obiettivo chiave, da implementare a livello scolastico. Peraltro, nel 2015 la riforma della scuola è stata implementata parzialmente e il governo attuale sta attualmente riconsiderando alcuni delle misure chiave. Persistono comunque profonde disparità regionali nel livello d’istruzione, come evidenziato da sondaggi nazionali e internazionali.
…e lombarda
Veniamo quindi alla situazione lombarda: “Fin dalla loro emanazione, le scuole della Lombardia hanno applicato nei rispettivi ordinamenti il quadro di riferimento europeo delle competenze chiave, recependole nelle programmazione curriculare e declinandole ai diversi contesti territoriali della regione”, ci assicura Delia Campanelli, dirigente dell’Ufficio scolastico della Lombardia: “Oggi, il nuovo quadro di riferimento ha potuto trovare un terreno già pronto visto quanto è stato fatto in passato e la scuola lombarda saprà ben interpretare quanto definito dal recente impianto nell’ottica del dettato dell’articolo 2 dei Trattati sull’Unione Europea”.
Disegno di Tiziano Riverso