Fabio Ghezzi, professore ordinario e direttore della Scuola di specializzazione in Ginecologia e Ostetricia dell’Università degli Studi dell’Insubria, nonché direttore della struttura complessa di Ginecologia e Ostetricia dell’Asst dei Sette Laghi, e Antonella Cromi, professore associato e presidente del corso di laurea in Ostetricia dell’Università dell’Insubria, responsabile struttura semplice di Patologia della gravidanza dell’Ospedale Del Ponte di Varese, firmano per noi una riflessione scritta a quattro mani
di Fabio Ghezzi e Antonella Cromi
Donne generatrici del futuro? Una certezza biologica i cui numeri si sono contratti nel tempo, sia per le difficoltà sociali, sia per la mancata presa di coscienza che esiste un limite di età oltre il quale è difficile o insensato affrontare una maternità. Una fotografia fedele della natalità viene dai dati sanitari dell’Ospedale Del Ponte di Varese, unico punto nascita della città, analizzati con competenze universitarie.
Culle sempre più vuote
Il numero totale dei nati è in costante decrescita dal 2005. Negli ultimi sette anni si sono perse 500 nascite all’anno, un dato impressionante per il capoluogo di provincia prealpino, che riflette il declino demografico drammatico che caratterizza l’intero Paese. Più della metà delle donne italiane che partorisce a Varese (55%) è al primo figlio, dato che si riduce al 36% nelle donne di cittadinanza non italiana.
Mamme più mature
Altro dato chiaro è la tendenza sempre più evidente a posticipare la maternità. In città, le donne che hanno dato alla luce il loro primo figlio nel 2021 hanno un’età media di 32 anni e l’8% di loro ha compiuto i 40 anni; nel 2005 questa percentuale era esattamente la metà.
Lo scorso anno, l’8% delle donne al primo parto aveva ottenuto la gravidanza mediante tecniche di riproduzione assistita: questo dato è certamente una sovrastima poiché il Del Ponte è un centro di riferimento per l’infertilità. Tuttavia, oggi è chiaro che con il corretto innesco ormonale qualsiasi donna con un utero può raggiungere una gravidanza, anche dopo la menopausa: nel 2021, le donne con oltre 45 anni al parto sono state 15, di cui 2 over 50.
Una scelta consapevole?
È generalmente sottovalutato l’impatto dell’età sulla fertilità e la capacità riproduttiva e che le donne sovrastimano la capacità della procreazione assistita. Inoltre, il miglioramento dell’aspettativa di vita e delle condizioni di salute ha portato alla convinzione che donne di età vicina al fisiologico esaurimento del potenziale riproduttivo, una volta ottenuto il concepimento, abbiano delle gravidanze con decorso non diverso dalle più giovani. In realtà, l’età materna avanzata è un fattore di rischio per molteplici complicanze ostetriche, dall’aborto spontaneo alle complicanze ipertensive, al diabete gestazionale, alle anomalie placentari, al ritardo di crescita intrauterino, alla prematurità, alla morte endouterina del feto.
Questo non significa demonizzare la ricerca di una gravidanza in età considerata al limite, ma è doveroso chiedersi quanto questa sia sempre una scelta consapevole.
“Serve uno sforzo sociale e politico”
Per invertire la tendenza della denatalità, è necessario anche uno sforzo sociale e politico che combatta la precarietà del presente e del futuro delle nostre giovani generazioni. Come medici, tuttavia, è doveroso sottolineare come la decisione di posticipare una gravidanza per motivi socio-culturali, economici o lavorativi può portare a conseguenze sul piano della salute, sia materna che feto-neonatale, che il progresso scientifico e tecnologico non sempre può superare.
In foto: Fabio Ghezzi e Antonella Cromi