Pink startup, italiane sopra la media

di Milani

 

Anche se la stragrande maggioranza sono ancora create da uomini, secondo lo European Startup Monitor, nel nostro Paese si registra una crescita significativa del numero delle fondatrici di nuove aziende. Ecco i dati e alcuni casi di donne impegnate a vario titolo sul fronte dell’innovazione in campo bio

di Chiara Milani

Dalla parità siamo ancora lontane. Ma il balzo in avanti è evidente. Secondo lo European Startup Monitor, tra i fondatori di nuove imprese innovative, la percentuale femminile è cresciuta quasi di due terzi in un anno. Superando la media europea.

Ciò almeno per quanto riguarda l’ultimo anno attualmente disponibile, ossia il 2016. L’indagine sull’ecosistema europeo, condotta per il secondo anno dalla German Startups Association e lo European Startup Monitor, ha coinvolto oltre 2.500 nuove realtà imprenditoriali, per un totale di 6.300 startupper e oltre 23mila dipendenti in 17 Paesi europei e Israele. Il risultato di questo monitoraggio vede l’Italia nella Top 4, con una bassa, ma incoraggiante, quota rosa del 21,6. Preceduta soltanto da Gran Bretagna (con un cospicuo 33,3%), Grecia (28,4%) e Irlanda (23,3%). Contro una media europea che invece è rimasta sostanzialmente invariata, ferma al 14,8%.

Stando ai dati del primo ESM, nel 2015 nel Vecchio Continente la media era appena lo 0,1% in meno. Mentre nel nostro Paese le fondatrici erano il 13,5% del totale. Una percentuale che ci collocava al terzultimo posto della classifica (15 Paesi Ue più Israele), prima soltanto di Germania (12,9%) e Repubblica Ceca (dove il dato non era disponibile).  

Che le donne italiane si stiano lanciando nella creazione di startup appare chiaro anche da diverse iniziative locali. A fine febbraio, a Legnano, ha debuttato CEO – Cool Executive Only. Un’iniziativa con cadenza bimestrale, lanciata da Confindustria Alto Milanese, che ha visto come prima relatrice la 26enne Marianna Ziliati, cuoca che si occupa di Ricerca e sviluppo di Bambù Bio, azienda che ha fondato nel 2014 con la sorella maggiore sommelier, Cinzia. Marianna, proveniente dalla scuola di Gualtiero Marchesi, ha trasformato in business un’intuizione avuta dopo un viaggio in Cina: creare prodotti alimentari a base di germogli e foglie di bambù. Impresa mai tentata prima né in Italia né in Europa, secondo quanto emerso nella serata introdotta da Egidio Alagia, responsabile del nuovo progetto degli industriali, che mira a generare contaminazioni creative e favorire il networking tra associati e stakeholders.

Ha poi una presidenza femminile Bio4Dreams, il primo incubatore italiano di startup innovative, a capitale interamente private, dedicato alle scienze della vita costituito a settembre 2017 e presentato il mese scorso a Milano.

“Pensiamo che il momento ed il contesto attuali siano giusti per sviluppare un modello innovativo che supporti la crescita di nuove iniziative imprenditoriali, in un ambito nel quale il nostro Paese non ha una cultura diffusa: il biotech”, spiega la presidente, Laura Iris Ferro.

“La nascita di Bio4Dreams è un segnale incoraggiante per tutte quelle nuove iniziative imprenditoriali che ora possono avere un soggetto in più cui rivolgersi per crescere, innovare e diventare una impresa innovativa eccellente”, dichiara un’altra donna, Anna Gervasoni, direttore generale di Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt) e presidente di Hit (Hub innovazione Trentino): “Il nostro mercato è ancora piccolo ma di qualità: i soggetti che si stanno consolidando in Italia nella filiera del supporto alle startup tecnologiche sono una grande opportunità di sviluppo del sistema imprenditoriale italiano. Per questo il nostro impegno è innanzitutto mettere in rete technology transfer office, incubatori, acceleratori, finanziatori a vario titolo, seed funds, angels, venture capitalist e corporate venture capitalist”.

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