Il critico enogastronomico Jacopo Fontaneto ci racconta il successo attuale dei cibi di strada, tramandati grazie alla tradizione orale
Senza dubbio, anche lo scampolo finale dell’estate 2022 corre sul ritmo veloce e colorato delle tapas, che si ritagliano un ruolo di primo piano alternativo e, allo stesso complementare, rispetto ad aperitivo e apericena.
La differenza è servita
Iniziamo col marcare le differenze: già, perché l’aperitivo di fatto va a privilegiare l’elemento liquido, cocktail o vino che sia, relegando le stuzzicherie a un ruolo comprimario. Diversa ancora l’apericena, che nella maggioranza dei casi è servita a buffet. No, le tapas sono portate a tutti gli effetti, che possono reggere ruoli diversi, dal pranzo del mezzogiorno, alla merenda, all’aperitivo/apericena, alla cena stessa. Il loro omologo italiano è quello degli antipasti: in realtà anche quando si parla di salumi, – perché il piatto di prosciutto iberico è considerato tapa a tutti gli effetti -, ma soprattutto parlando di “cibo da strada”, la tradizione delle tapas ha punti di contatto con i fritti napoletani (i crocchè, la frittata di pasta, le montanare, persino il cuoppo): tentatori, al punto che i panzerottari riuscivano – e riescono – a attirare inesorabili frotte di clienti, manco fossero le sirene di Ulisse: “Fa marenna, fa marenna! Te ne magne ciento dint’ ‘a nu sciuscio ‘e viento”.
Tra Catalogna e Andalusia
Ma per capire il tratto liturgico e straordinariamente presente delle delle tapas occorre andare a Barcellona: qui sono il vero tratto d’unione della gastronomia catalana e spagnola. Anche in questo caso resistono gli iperclassici, il pan con tomate – che qui si usa anche nella prima colazione – o le croquetas preparate con la besciamella, virando quindi sulle mini-portate più note come il pulpo a la gallega e le albondigas (in catalano mandonguilles), ovvero le polpette di carne imparentate con i mondeghili milanesi.
In realtà, la tradizione delle tapas non è nata a Barcellona ma molto più a sud, in Andalusia: qui nasce nelle taverne, come piccole porzioni di cibo (olive, salamini o pezzetti di carne) da accompagnare al vino, si diffusero nel resto del Paese, diversificandosi regione per regione e città per città in base ai prodotti locali.
Oltre il dizionario
Secondo il Basque Culinary Center, che ne ha studiato le origini storiche, la tradizione di accompagnare il consumo di vino con qualche piatto semplice è presente nelle taverne spagnole da tempo immemorabile, eredità delle culture greca e romana. D’altra parte, nelle taverne il consumo di tapas era un pretesto per far venire sete al cliente, che così consumava più vino. Lo studio scopre formalmente le tapas alla soglia del Ventesimo secolo, e la stessa parola “tapa”, nella sua accezione culinaria, appare in un dizionario del 1918. Tuttavia non può sfuggire che una delle “tapa” per eccellenza, i mondeghili, sono serviti a Renzo come rompidigiuno all’osteria dove irrompono i bravi all’inizio del romanzo manzoniano.
Contaminazioni golose
In ogni caso, le tapas sono un moto perpetuo in evoluzione continua: contaminano paesi, culture e civiltà. E sanno rimescolare le carte del passato costruendo una cucina del presente. Un esempio? Quelle visionarie inventate da Simone Perata Chef de A Spurcacciun-a, il ristorante che ha scritto – e scrive – pagine importanti della storia gastronomica ligure e italiana. E’ grazie a lui che ogni sera, a partire dalle ore 18, Marea, il bistrot del Mare Hotel, si trasforma in Tapas Bar. Caratteristica geniale: le tapas che ha creato partono tutte dalla farinata in versione “mini” con farina di grano (come prevede la ricetta savonese) da scegliere fra tante combinazioni diverse e creative: brandacujun e salsa verde; battuta di Fassona, cipolla caramellata e acciughe del mar Cantabrico; pomodoro, burrata, acciughe marinate e rucola; vitello tonnato solo per citarne alcune. Senza dimenticare le tapas dedicate al mare: dal fritto di calamari, alle acciughe e panissa, dal ceviche di pesce bianco con pomodoro al classico fish & chips.
Il gusto di viaggiare
La rivincita dello street food si vive, nell’estate 2022, anche all’interno dei festival musicali: un banco di prova importante è stato, a inizio giugno, il Primavera Sound al Parc del Forum di nuovo a Barcellona (che vi ha catapultato mezzo milione di persone da ogni parte del mondo per oltre 600 concerti in 12 giorni) dove si è davvero misurato il polso di uno street food cosmopolita, con il segmento vegano che schizza verso l’alto, ma anche l’offerta sudamericana e orientale (con molto più ramen e speziature indiane rispetto al sushi). Ad agosto, cibo e ritmo di note si sono spostate molto più a nord, a Helsinki, con il FlowFestival: a riscaldare la capitale finlandese una kermesse di musica e arte urbana ma anche un’invidiabile florilegio di cibo di strada da tutto il mondo. Ottime occasioni per assaporare tutto il gusto di viaggiare…
In foto: Jacopo Fontaneto con una delle “tapas d’autore” con la farinata di Simone Perata