Monsignor Claudio Livetti, decano di Busto Arsizio, riflette sulla comunicazione dagli albori ad oggi, con l’auspicio che i rapporti virtuali non soppiantino quelli reali, “perché non siamo angeli e abbiamo una corporeità significativa ed esigente”
di monsignor Claudio Livetti
Dalla memoria allo scritto
Agli inizi dell’umanità la comunicazione e il trapasso delle nozioni avvenivano verbalmente. I fatti del passato, le tradizioni della famiglia, i rapporti di parentela… venivano tramandati di generazione in generazione. Da una memoria ricevuta si passava ad una memoria tramandata. Dopo le forme primitive delle incisioni rupestri si passò alla scrittura vera e propria. Per avere il materiale su cui scrivere si cominciò a coltivare il papiro e altri vegetali e ad allevare pecore per avere la pergamena. Quando si prende in mano qualche codice antico viene da pensare che per comporlo si è sacrificato un intero gregge. Gli eventi creano i proverbi e forse in quell’occasione è nato il detto: ”Le parole volano, gli scritti rimangono” ed è nato il vocabolo “analfabeta”: persona incapace di scrivere e di leggere. La comunicazione scritta diede origine al servizio postale. La memoria non è stata più così importante. La mia generazione ha imparato a memoria le tabelline, il catechismo e le poesie. Non nascondo la mia simpatia per la memoria e spero che la nuova pedagogia e didattica non atrofizzino la memoria dei giovani.
Dal manoscritto alla stampa
Uno degli elementi che hanno chiuso il medioevo e aperto l’era moderna è stato l’invenzione della stampa, avvenuta nel 1450 ad opera di Giovanni Gutenberg. Una rivoluzione sociale. Non solo i nobili ricchi e le abbazie potevano avere preziosi codici e manoscritti, redatti o copiati da amanuensi con pazienza certosina. I testi si potevano moltiplicare e diffondere, si potevano arricchire gli scaffali delle biblioteche e poteva nascere l’attività commerciale delle librerie. Tutti potevano avere un libro da leggere, finalmente anche i cristiani potevano possedere il libro per eccellenza, stampato per primo: la Bibbia, il libro di Dio, della storia sacra, espressa nei modelli stilistici più disparati e con una straordinaria molteplicità di forme: poesie e prose, racconti autobiografici, resoconti storici, norme giuridiche e disposizioni cultuali, promesse profetiche e minacce, inni ed elegie, parabole e allegorie, oracoli, detti sapienziali e proposizioni, visioni e sogni. La Genesi e l’Apocalisse segnano l’inizio e la fine (Alfa e omega) della storia umana.
Dalla comunicazione lenta a quella rapida, fino al tempo reale
Dopo la rivoluzione industriale, Antonio Meucci nel 1808 inventò il telefono e Guglielmo Marconi nel 1874 inventò la radio e il telegrafo senza fili. Negli anni Cinquanta del secolo scorso arriva in Italia la televisione, negli anni Ottanta si diffonde sempre più l’uso del computer e all’inizio del XXI secolo i bambini vengono alla luce stringendo in mano il telefonino. Siamo nell’era digitale e c’è il rischio di rimanere “analfabeti digitali”, tagliati fuori dalla convivenza sociale. Durante la pandemia, con le restrizioni dettate dal terribile virus, il digitale è stato di un’utilità estrema per il lavoro da casa, lo studio con la DAD, la cultura con dibattiti, conferenze e concerti, i campionati sportivi non frequentabili sui campi, gli eventi religiosi, soprattutto le Messe domenicali. Se avessi la sfera di cristallo potrei prevedere gli sviluppi dell’era digitale, perché non siamo al traguardo, ma solo alla partenza. Adesso sento dire che le informazioni vengono memorizzate sulle “nuvole” in una “biblioteca universale” cui tutti possono accedere anche con uno smartphone (un telefonino “intelligente”). Spero che i rapporti virtuali non soppiantino quelli reali, anche fisici, perché non siamo angeli e abbiamo una corporeità significativa ed esigente, che nessun rapporto virtuale può supplire.