“E’ tempo di tornare a prendersi cura della propria vita fisica, della propria salute: muovendosi, viaggiando, facendo gite fuori porta, frequentando palestre”: a ricordarlo è il novantenne monsignor Claudio Livetti, già prevosto di Busto Arsizio, che anche in casa di riposo non dimentica di fare ginnastica ogni giorno
di monsignor Claudio Livetti
Stiamo uscendo da due anni di vita stagnante, condizionata e talora bloccata da rigide norme sanitarie, politiche giuridiche, economiche e perfino liturgiche. La pandemia è un momento cerniera della storia. Fa voltare pagina. È come una guerra. Si contano i morti. Lo hanno fatto i familiari che, isolati a domicilio, non hanno potuto vedere i loro cari, trasferiti in ospedali lontani, morti senza accompagnamento affettivo e spirituale, imballati senza essere né lavati né vestiti, considerati più fonte d’infezione che persone, mandati frettolosamente alla cremazione. Questo estremo di obliterazione della morte lascia su tutti un peso insopportabile. È stato uno schiaffo alla civiltà. Si contano anche i feriti: siamo tutti noi, inibiti perfino nel respiro (segno di vita) da insopportabili mascherine, chiusi in casa come tartarughe in letargo. Sono stati feriti soprattutto i ragazzi, costretti alla didattica a distanza, invece di poter sorridere ai loro compagni di classe, giocare con loro, correre ed esprimere la loro vitalità creativa. La Beata Suor Camilla Battista Da Varano dice: “I sapienti camminano, i giusti corrono, gli innamorati volano”. Cerchiamo di essere almeno i sapienti che si mettono in cammino!
L’Impegno dopo l’inerzia
La pandemia ha avuto anche effetti positivi di solidarietà e di sviluppo delle migliori risorse. Ha insegnato che l’io non può essere compreso senza il noi. Può essere ottimo elemento di ripresa sociale lo sport amatoriale: giovani genitori che si ritrovano alla sera a giocare a calcetto o a fine settimana per una sana biciclettata. Devono riprendere anche i tornei di calcio negli Oratori, con allenatori/educatori preoccupati che la propria “squadra” diventi “gruppo di amici”, con ragazzi sereni che non giocano “contro” ma “con” la squadretta dell’altro Oratorio, contenti di essersi divertiti, di essere stati insieme, di aver conquistato il premio di… un ghiacciolo. Questo è lo sport vero, che fa bene. Da incrementare e sostenere. Non dico altrettanto dello sport professionistico, diventato mestiere in cerca di lucro invece che di amicizia. Ho visto anch’io l’11 maggio, alla Tv, la finale di Coppa Italia coi 70 mila tifosi dello Stadio Olimpico. Un bel gioco, ma un cattivo spettacolo di accanimento, di espulsione di un allenatore, di corsa esasperata ai 5 milioni di premio, più che alla coppa.
La cura di sé
Il detto di Giovenale Mente sana in corpo sano sembra un suggerimento puramente naturalistico, invece ha anche una connotazione religiosa, perché il testo completo é: ”Si deve pregare (orandum est) per avere mente sana in corpo sano”. Vuol dire che già gli antichi romani pensavano al benessere totale della persona umana, in tutte le sue dimensioni: quella corporea e psichica e quella religiosa trascendente. Le chiusure forzate dei due anni trascorsi hanno facilitato, per chi desiderava, la possibilità di una crescita intellettiva e spirituale, con la possibilità della lettura, della meditazione sulla fragilità e precarietà della vita, sulla incertezza del divenire e della scienza in ricerca. Ne ha sofferto moltissimo l’attività fisico/sportiva, che ha creato un afflosciamento della persona, aprendo molte porte alla depressione. È il tempo di riprendersi cura della propria vita fisica, della salute, muovendosi, viaggiando, facendo gite brevi fuori porta, frequentando palestre. Come novantenne in casa di riposo non ho molte possibilità, ma, grazie all’educazione Scout, faccio ogni mattina mezz’ora di ginnastica e in giornata due mezz’ore di cammino. Senza dimenticare l’orandum est di Giovenale.
In foto: l’Istituto La Provvidenza di Busto Arsizio, dove vive monsignor Livetti