Monsignor Claudio Livetti, già prevosto di Busto Arsizio, ricorda che, così come la natura, a Pasqua anche i fedeli hanno l’occasione per vivere un momento di rinnovamento: “Papa Francesco sprona a riconoscere umilmente gli sbagli del passato, impegnandosi a non ripeterli nel futuro”
di monsignor Claudio Livetti
Dopo il rigore invernale, a primavera, rinasce la natura. Dopo il primo plenilunio di primavera, noi cristiani celebriamo la Pasqua, primavera dello spirito. Quella ebraica è tutt’ora vissuta il 14 di Nisan, anche se sono passati molti secoli dalla loro prima Pasqua. Gli Ebrei rivivono, come se fosse oggi, il memoriale della fuga dalla schiavitù dell’Egitto verso la libertà della Terra Promessa. Noi cristiani riviviamo il passaggio dal buio e dal terremoto del Venerdì Santo alla luce sfolgorante del giorno di Pasqua. Gli Apostoli non si sono adagiati e rassegnati al terribile ormai: “Ormai il Maestro è morto e sepolto. Tutto è finito!”. “Ormai” è una parola amara che avvelena la vita. Essi invece hanno gridato la loro incantata sorpresa, con un gioioso ancora: “Gesù, come aveva promesso, è ancora con noi per darci coraggio e inviarci a continuare la sua missione”.
Il coraggio di salpare
La Pasqua dà il coraggio di salpare. Solo Dio è il “Motore Immobile” (così dicevano gli antichi filosofi). Gli esseri umani, anche se fatti a sua immagine e somiglianza, devono muoversi. Una barca ormeggiata nel porto è certamente più sicura di una che naviga in alto mare, ma il motivo per cui è stata costruita non è certo stare ferma. La bravura del navigatore poi sta nel riparare la barca in navigazione e non al riparo del cantiere. Purtroppo oggi molti sono fermi a vecchi ricordi e a nostalgie paralizzanti. Invece quanto più gli anni passano, tanto più dobbiamo cercare di essere freschi e giovanili. Do ragione a John Cage quando dice: “Non capisco quelli che hanno paura delle cose nuove. A me fanno paura quelle vecchie”. Al contrario non riesco ad accettare l’affermazione di Gassman (ironia o pessimismo?): “Ho un grande futuro alle spalle”.
Completare il cambiamento
Vivere la Pasqua vuol dire completare il cambiamento iniziato nella Quaresima, vissuta non come mortificazione bensì come vivificazione. Per non cambiare e rinnovarsi si ricorre nel comodo alibi: “Io sono fatto così”. È sempre possibile migliorare. Quando da me veniva qualche moglie che si riteneva perfetta e si lamentava per tutti i difetti del marito, io le dicevo: “Cerca di migliorare te stessa, vedrai che migliorerà anche lui”: è la legge fisica dei vasi comunicanti. Per non voler cambiare è facile puntare il dito sulla politica che non cambia, sull’economia che cambia in peggio, passando da un futuro di promessa a un futuro di minaccia, sulla Chiesa che non cambia. Qui, come figlio della Chiesa, dico che mi piace Papa Francesco perché ripete continuamente di “andare in uscita” e invita a riconoscere umilmente gli sbagli del passato, impegnandosi a non ripeterli nel futuro.
Un invito a rinnovarsi
Quando si dice Buona Pasqua, ciascuno interpreta queste parole a modo suo. Io dirò “Buona Pasqua” come un invito a ringiovanire, a rinnovarsi, col pensiero di Giorgio La Pira: “I giovani sono come le rondini: vanno sempre verso la primavera”.