Il gusto di San Valentino

di admin

Macché ostriche e bollicine: quest’anno, per il 14 febbraio, il critico enogastronomico Jacopo Fontaneto ci porta a Terni, città del patrono degli innamorati, in un viaggio culinario che saprà stupirvi

“La cena dev’essere opulenta, rustica e goduriosa”

di Jacopo Fontaneto

Quest’anno, il 14 febbraio, stupitela con una mazzafegata. O con un buon sanguinaccio, oppure con il trionfo del piccione o del quinto quarto, frattaglie, coratella. Se invece volete qualcosa di più strong, concedetevi l’ebbrezza trasgressiva della leccarda (ovvero la declinazione della faraona locale con il patè dei suoi fegatini). Preferite la pizza? Mi raccomando, che sia quella grassa, con la sfoglia friabile e gli sfrizzoli, che sono poi i parenti stretti della sugna napoletana. Insomma: se volete stare in tema, la cena dev’essere opulenta, rustica e goduriosa. E con tanto tartufo, perchè quello non manca mai. 

Via i piatti iconici

L’equazione giusta di San Valentino è quella che riporta alla cucina ternana, nella Bassa Umbria, dove il santo degli innamorati è patrono. Bando quindi alle banalità, ai dolcetti sciccosi, alle cene di mainstream-gourmet dove i menu di ripetono, noiosi, di anno in anno. Via i piatti iconici, al bando il solito calice di bolle: perchè anche per il bere si va a Terni, in primis Ciliegiolo o il vicino Trebbiano Spoletino. E vabbè, se proprio volete sconfinate anche nella non lontana Perugia, al Sagrantino di Montefalco. E via anche i cioccolatini, perchè a Terni il mantra è “fere (la squadra di calcio rossoverde), picchia (per questa rivolgetevi al traduttore) e pampepato (il dolce della città)”. 

Un’esperienza da vivere

Almeno una volta nella vita festa di San Valentino a Terni va vissuta, e non solo per le luci e le feste in piazza: la città del drago Tyrus è un concentrato di gastronomia da scoprire, dalla pizza grassa di Elio, indiscutibilmente un pezzo di storia locale e simbolo della ternitudine del secondo dopoguerra a quella tradizionale di Nascostoposto, firmata da un campano Doc, Armando Beneduce, che fa anche una cucina di pesce da non sottovalutare. In città c’è anche la riuscita scommessa gastronomica di Maurizio Serva, stellato nella contigua provincia di Rieti, che a Terni propone a Origine, con il figlio Amedeo, una cucina di fusione tra l’ingrediente sagace della Bassa Umbria e un riuscito piglio gourmet. Una linea che, in provincia, segue anche Paolo Trippini nell’omonimo ristorante che si trova a Baschi, lo stesso paese del leggendario Vissani, altro indirizzo da tenere più che presente. 

Terra di trattorie

Terni è terra anche di trattorie e di paste fatte in casa, tirate a mano come le ciriole accompagnate dal sugo finto a base di pomodoro: qui gli indirizzi si sprecano, da tener presente Lillero e l’Oste della Mal’ora. Sul lato street-food, il sabato al mercato di Cesure c’è la Repubblica della Porchetta amministrata da Fabio Tiburzi (a prezzi democratici, il suo panino vale più di quanto lo si paga): oppure il fai-da-te, procacciandosi il pane (buono quello di Strettura, un po’ fuori città) e aggiungendo i salumi di Renato, che è una macelleria con il valore di un museo del gusto interattivo avvitato nel centro città. 

Pampepato, un must

Si chiude con il pampepato: qui c’è l’imbarazzo della scelta quanto a pasticceri, da Evy agli storici Pazzaglia o Clapier

Pizza grassa, what else?

Insomma, la città di San Valentino ne ha per tutti i gusti e per tutte le tasche. E anche se lo si vive da soli: basta la compagnia della cascata delle Marmore che si tuffa nel Nera, con l’impeto di una sinfonia beethoveniana. E una fetta – pardon, un “soletto” – di pizza grassa.

In foto: Ciriole alla Ternana della Mal’ora

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