Sabrina Giussani, presidente senior Sisca (Società italiana scienze del comportamento animale), spiega come l’eccellenza intellettiva non sia propria soltanto degli esseri umani. Con alcuni esempi davvero sorprendenti
di Sabrina Giussani
Per molti decenni, l’intelligenza è stata considerata un’eccellenza tipica dei soli esseri umani. Le facoltà intellettive di molti animali, invece, sono pari o addirittura superiori alle nostre!
Che cos’è l’intelligenza?
La parola intelligenza deriva dal vocabolo latino legĕre (cogliere, raccogliere, leggere) preceduto da inter, che significa fra. Letteralmente, quindi, l’intelligenza è la capacità di stabilire una relazione tra diversi elementi. Agli inizi del Novecento lo psicologo francese Binet crea la prima scala metrica per misurare l’intelligenza. Il test valuta le competenze richieste agli alunni in età scolare, come la capacità di giudicare, comprendere e ragionare. Il punteggio ottenuto misura il quoziente intellettivo. Griffin nel 1976 dà il via alla rivoluzione cognitiva e Gardner negli anni Ottanta formula la teoria delle intelligenze multiple. Non esiste, quindi, un solo tipo di intelligenza, ma una rete di competenze: la logico – matematica, la linguistica, la spaziale, la corporeo – cinestesica, la musicale, l’interpersonale, la collaborativa, la creativa, l’emotiva e così via. Questi talenti funzionano in modo più o meno sincrono e sono presenti in ogni individuo con “volume” diverso in base a componenti in parte ereditarie e in parte legate alle esperienze di vita (la famiglia, la società, la scuola). Ogni specie possiede intelligenze – competenze diverse in base alla propria storia comportamentale ed evolutiva: nel mondo animale non c’è un apice, ma una grande varietà di prestazioni.
Nuove tecnologie
I primi strumenti di pietra usati dagli esseri umani risalgono a 3 milioni di anni fa, mentre non abbiamo traccia di quelli di tipo vegetale, come legnetti e simili. Anche scimpanzé, bonobo e gorilla sono capaci di costruire strumenti. Questi animali, per esempio, scelgono accuratamente piccoli rami, tolgono le foglie e li modificano con i denti, così da ottenere uno strumento della giusta misura per raggiungere le termiti all’interno del loro nido o una lucertola in una fessura. I macachi, invece, sono capaci di scagliare sassi sulle noci o sulle conchiglie dei molluschi per romperle e cibarsi del gustoso contenuto.
La memoria
Il viaggio mentale nel tempo è la capacità di rappresentare sé stessi e le proprie azioni nel passato e nel futuro. C’è differenza, per esempio, tra il ricordo di una semplice esperienza come la puntura di un insetto oppure di un episodio più complesso che mette l’individuo al centro della vicenda: “Quella volta che ho scacciato un’ape con la mano e l’insetto mi ha punto”. La competenza di mettersi al centro dell’evento evocato è da sempre stata attribuita solo all’intelligenza degli esseri umani. Anche i primati non umani, i delfini, le ghiandaie, i ratti e i piccioni sono capaci di compiere un viaggio mentale. Per esempio, le ghiandaie, piccoli uccelli presenti in tutta Italia, in laboratorio hanno imparato a nascondere il cibo in posti in cui sapevano che avrebbero avuto fame il giorno successivo. Anche i cani sono in grado di conservare ricordi in prima persona delle esperienze vissute.
La consapevolezza di sé
Riconoscersi allo specchio è considerato un test di verifica della consapevolezza di sé. L’essere umano raggiunge questa competenza non prima dei 2 anni di età. Numerose specie animali hanno fatto questa prova: oranghi, bonobo e gorilla sono stati dapprima esposti allo specchio, quindi sedati e tosati in alcuni punti del corpo. Alcuni soggetti al risveglio hanno osservato il loro riflesso e hanno toccato con le mani le zone “diverse” del mantello. La stessa esperienza è stata fatta con i pesci pulitori e, con grande sorpresa, alcuni di essi non solo hanno riconosciuto la presenza di piccoli segni opportunamente provocati dagli scienziati sotto la loro gola, ma hanno anche cercato di “pulirsi” raschiando la pelle sul fondale della vasca.