Tre anni per recuperarne uno

di Andrea Mallamo

Maurizio Serati, professore associato di Ginecologia e ostetricia all’università dell’Insubria e segretario scientifico della Società italiana di Urodinamica, spiega l’impatto devastante del Covid-19 su programmi di screening e patologie disfunzionali

di Maurizio Serati

La pandemia di Covid-19 ha sconvolto la vita di ognuno di noi, e in particolare ha sconvolto diversi aspetti del sistema sanitario e dell’equilibrio paziente-sanità.

L’effetto negativo più subdolo

Tutti i giornali, i programmi televisivi, i social media, i siti internet hanno riportato quelle drammatiche immagini che ognuno di noi ha davanti agli occhi con corsie di ospedali e stanze di terapia intensiva completamente saturi e gremiti di pazienti affetti dal virus. Tutto ciò, oltre alla non trascurabile mortalità determinata direttamente dalla infezione da parte del SARS-CoV-2, ha avuto un impatto devastante anche per gli effetti indiretti, primo dei quali l’impossibilità di dedicare strutture e cure nel migliore modo possibile ad altre emergenze cliniche.

Più subdolo ma altrettanto tragico è stato, però, l’effetto negativo che la pandemia ha determinato sui normali programmi di screening. Studi pubblicati su alcune fra le più importanti riviste scientifiche internazionali hanno dimostrato un aumento di mortalità per alcune patologie oncologiche su cui è venuto meno il normale e completo programma degli esami effettuati per scoprire eventuali malattie in fase iniziale. Ciò è valso per il carcinoma della mammella, per quello del colon-retto e per le lesioni pretumorali del collo dell’utero.

Meno risorse o più terrore?

E’ difficile capire quanto di tutto ciò sia attribuibile alla riduzione delle risorse sanitarie disponibili, e quanto invece al terrore che ha pervaso i cittadini e li ha portati a disertare i controlli e i programmi di prevenzione.

Minata la qualità della vita

In un simile scenario, le patologie cosiddette disfunzionali, quelle insomma che non mettono a rischio la sopravvivenza la vita della persona, ma che ne minano profondamente la qualità di vita, sono state totalmente neglette. Come occuparsi di incontinenza urinaria, di prolasso genitale, di infezioni urinarie ricorrenti, di disfunzioni sessuali, in un periodo come questo? Così purtroppo anche questa sfera intima della vita delle donne è stata indirettamente colpita dalla pandemia.

Uno studio dai risultati impressionanti

In uno studio a nome della Società Italiana di Urodinamica (SIUD) di cui ho l’onore di essere il segretario scientifico, Emilio Sacco dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, insieme ad altri docenti di diverse prestigiose università italiane, fra cui anche l’Insubria di Varese rappresentata da me, si è cercato proprio di capire fino a che punto abbiamo dovuto “abbandonare” i nostri pazienti con questo tipo di profondo disturbo della qualità di vita.

Operazioni sospese, salute peggiorata

II risultati sono stati impressionanti: addirittura il 78% delle prestazioni ambulatoriali per incontinenza, cistiti, prolasso e disturbi simili sono state cancellate e fino all’83% delle procedure chirurgiche già programmate per queste stesse patologie sono state sospese e posticipate a data da destinarsi. Più dell’80% dei medici intervistati hanno dichiarato di aver avuto notizia dai pazienti di un peggioramento della loro qualità di vita e nel 48% dei casi addirittura di un drammatico peggioramento dello stato di salute. Per recuperare questa attività arretrata, si è calcolato che serviranno 37 mesi di attività a pieno regime.

Torniamo a prevenire e a curare!

Sarà fondamentale, compatibilmente con il rispetto delle norme di sicurezza e con il buon senso e la necessaria prudenza, recuperare il contatto con le pazienti per incrementare nuovamente l’attenzione alla prevenzione e allo screening delle patologie tumorali e per tornare a dedicarsi alla presa in carico di tutte quelle disfunzioni che tanto compromettono la qualità di vita.  

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