Anna Gervasoni, direttore di Aifi (l’Associazione italiana del private equity) e docente di Economia e Gestione delle imprese alla Liuc Università Cattaneo di Castellanza, ci parla della manovra di bilancio: “La nuova normativa richiederà investimenti di tipo organizzativo e nuove figure professionali”
di Anna Gervasoni
Il 2019 potrebbe essere l’anno decisivo per il venture capital. Questi fondi, che investono in società appena avviate, attraverso iniezione di capitali, sono al centro di un grande dibattito, perché la manovra di bilancio prevede, per la prima volta in Italia, un vincolo di investimento, da parte dei piani di risparmio, proprio in questi asset. Chi è più dubbioso e scettico è l’operatore di asset management dei Piani individuali di risparmio (Pir), perché la nuova normativa richiederà degli investimenti di tipo organizzativo e nuove figure professionali specializzate in sistemi informatici e di controllo. Ricordo che la legge prevede che almeno il 3,5% del totale del Piano debba essere investito in quote o azioni di fondi per il venture capital.
La definizione
A tal riguardo la definizione utilizzata per Fondi di Venture Capital è: organismi di investimento collettivo del risparmio che destinano almeno il 70% dei capitali raccolti in investimenti in pmi non quotate che soddisfano almeno una delle tre seguenti condizioni: non hanno operato in alcun mercato; operano da meno di sette anni dalla loro prima vendita commerciale; necessitano di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato, è superiore al 50 per cento del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni.
I decreti attuativi
La definizione è sufficientemente flessibile per ampliare la strategia di investimento anche ad investimenti di expansion (capitali per la crescita) e di scaleup (secondo successivi round di investimento su una startup in veloce crescita). Nei decreti attuativi occorrerà lavorare anche su questa definizione, che a livello globale comprende il venture capital. Tra i vari temi da affrontare in vista delle possibilità offerte dalla legge di bilancio è la nascita di nuovi fondi di che siano compatibili con le politiche di investimento dei Pir. Tutto questo può tramutarsi in un volano incredibile per far crescere e moltiplicare il numero di iniziative legate all’innovazione e alla tecnologia, che oggi sono un motore di sviluppo per imprese e per l’economia reale con ricadute positive sull’occupazione e la società.
L’anchor investor
Inoltre, lo strumento del fondo per il venture capital, introdotto sempre dalla legge di bilancio del 2019, dovrebbe fungere da anchor investor per questi nuovi veicoli. Quello che serve ora è uno choc di liquidità che permetta la nascita di nuovi fondi oltre a quelli già esistenti, meno di venti, in Italia. Attraverso i Pir potremo contare su una raccolta che permetterà, inoltre, investimenti più strutturati, anche di rinforzo a quelli già in essere.
Foto: Anna Gervasoni