Il 20 ottobre è la Giornata mondiale dell’osteoporosi, causa di fratture nella metà degli uomini e in due terzi delle donne over 70. Con conseguenze spesso drammatiche, come morte e disabilità. Ecco i suggerimenti della dottoressa Maria Laura Tanda, professore associato dell’Università dell’Insubria e dirigente medico di Endocrinologia all’Asst Settelaghi Varese
di Maria Laura Tanda
L’osteoporosi è una condizione in cui l’osso è soggetto a perdita di massa ossea e di resistenza. Fattori che lo indeboliscono e ne aumentano il rischio di frattura. Questa può può realizzarsi a seguito di semplici cadute accidentali o a traumi minimi (“fratture da fragilità”).
5 milioni di casi
In Italia interessa circa 5 milioni di persone e nel corso della vita il 40% della popolazione incorre in una frattura femorale, vertebrale o di polso, in particolare dopo i 65 anni. Inoltre, per il progressivo invecchiamento della popolazione è previsto nei prossimi 20 anni un incremento del 25% dell’incidenza di osteoporosi.
Non solo nonne
Ne derivanno elevati costi per la collettività, sia in termini sanitari (disabilità, mortalità) sia economici. E’ opinione comune che l’osteoporosi colpisca esclusivamente la donna anziana, ma ciò è solo parzialmente vero. Oltre a quella primitiva, che si identifica nella forma post-menopausale e in quella senile, vi sono infatti le osteoporosi secondarie a molte patologie sistemiche o a terapie efficaci, ma potenzialmente dannose per la salute dell’osso. Infatti, oltre all’eccesso di paratormone, che regola direttamente il metabolismo del calcio, o alla carenza di vitamina D, agiscono negativamente sull’osso in modo indiretto numerose malattie endocrine, renali, intestinali, reumatologiche, ematologiche, respiratorie, neurologiche, infettive e numerosi farmaci di uso comune, (come steroidi, anticoagulanti, antidepressivi, gastroprotettori, diuretici, farmaci antiretrovirali e antiepilettici).
Non meno importanti sono le abitudini di vita (fumo, sedentarietà, alimentazione non corretta, abuso di alcool e droghe) o l’eccessiva magrezza.
Gli esami antifrattura
La raccolta anamnestica dei fattori di rischio individuali, da integrare con le indagini morfologiche, deve essere perciò accurata. Per l’Organizzazione mondiale della sanità, il gold standard per la diagnosi di osteoporosi è la Mineralometria Ossea Computerizzata (Moc), oggi diffusa su larga scala. Tra gli esami di primo livello è importante il dosaggio della calcemia, purtroppo spesso trascurato. Esistono oggi anche degli algoritmi codificati (FRAX/DeFRA) che, integrando i dati del paziente, forniscono una previsione del rischio fratturativo. Nelle forme di osteoporosi secondaria, la Moc potrebbe sottostimare il rischio e pertanto andrebbero utilizzate indagini mirate alla valutazione qualitativa dell’osso. Metodiche semplici e facile utilizzo sono ad esempio la morfometria ossea e il TBS (trabecular bone score). La terapia spazia dalla supplementazione di calcio e vitamina D a farmaci antiriassorbitivi bisfosfonati, denosumab o farmaci di tipo anabolico (teriparatide) e al trattamento causale nelle forme secondarie. E’ importante perciò, incrementare la consapevolezza generale riguardo allo stile di vita e alla prevenzione di tutte le forme di osteoporosi.