Manuela Carnini da Busto Arsizio, in arte Fridami, ha inventato una tecnica di pittura con fiori cristallizzati che verrà mostrata anche sui maxi schermi a Times Square (New York)
di Chiara Milani
Un messaggio di rinascita, di amore e di forza per tutte le donne. Creato la notte in cui è stato ritrovato il corpo ormai senza vita di Giulia Cecchettin divenuta, nell’opera di Fridami, “una rosa senza spine, perché finalmente è libera”. Di qui il titolo, La rosa che cogli rinasce su tela, scelto dall’artista, al secolo Manuela Carnini, che ha dato vita a un acrilico su tela con una rosa intera, completa di gambo, bocciolo e petali veri: una tecnica innovativa che – ci spiega – ha sperimentato lei per prima, cristallizzando i fiori.
La “trilogia” della rosa
Il risultato sono state tre opere: la prima, esposta a Los Angeles alla LA art show Gallery lo scorso febbraio, dal 4 al 7 aprile sarà addirittura sui maxi schermi a Times Square, in quel di New York. La seconda, simile ma più grande, fatta nel cortile di casa usando la rosa al posto del pennello, è il primo dipinto visibile all’ingresso della mostra Rinascentia Rosae, allestita tra fine febbraio e inizio marzo a Palazzo Cicogna, nella “sua” Busto Arsizio. La terza è stata presentata al finissage dell’esposizione bustocca, dove Fridami ha mostrato una nuova creazione, fatta con le rose che le erano state donate al vernissage, dorate e anch’esse cristallizzate, che escono attraverso una spaccatura di un muro. La forza della rinascita che supera appunto ogni ostacolo.
Quattro vite in una
Pensare che, fino a tre anni fa, Carnini si era dedicata a tutt’altro nella vita: prima olimpionica di nuoto sincronizzato, poi medico chirurgo, quindi mamma di due figli. Poi, nel 2018, un evento personale che definisce “molto traumatico”. Fino al lockdown, quando giocando con i colori con i suoi bambini ha scoperto un’altra sua dote che fino a quel momento era rimasta nascosta. L’arte, appunto. Tinta, soprattutto, di rosa. “Anche molti critici mi hanno detto che usare il rosa non è proprio così automatico e semplice perché si può andare sul banale. In effetti il gioco dei colori è una dote innata. Veramente io non riesco ancora oggi a capire, anzi molte volte dipingo ad occhi chiusi”, ci spiega l’artista: “Quindi è proprio la scelta dei colori casuale che poi si mescolano, attraverso una comunicazione dal cuore direttamente sulla tela che poi viene impregnata proprio di un’emozione, di un istante”.
Tappe bruciate
In soli tre anni, ha creato circa 300 opere, partecipando a numerose mostre personali a
scopo benefico. I sui dipinti sono stati esposti a livello internazionale (Parigi-Carrousel du Louvre, Barcellona-MEAM museum, Londra, Budapest, Vienna, Madrid, New York, Montecarlo, Dubai, Miami, Los Angeles) e nazionale (Roma, Venezia, Genova, Firenze, Palermo, Milano, Monza, Padova). Conquistando anche un critico come Vittorio Sgarbi.
L’omaggio a Frida Kahlo
Il nome d’arte scelto, Fridami, è ovviamente un omaggio a Frida Kahlo, con quel “mi” finale che però sa di liberazione, perché anziché dipingere in modo molto forte l’amore travagliato, Carnini vuole trasformare tutta la sofferenza e il dolore in amore.