Marco Introni, floral designer di Gallarate, ci parla di una nuova tendenza che vede protagoniste soprattutto donne tra i 40 e i 50 anni
Di Marco D. Introni
Quando si parla di verde, piante, fiori e giardini in famiglia, si passa subito a discutere chi fa che cosa. Già, perché c’è sicuramente qualche componente che si sente più portato, che ha il pollice verde, e c’è chi preferisce fare i lavori manuali e di fatica, tralasciando quelli più concettuali relativi al posizionamento delle essenze, la scelta delle fioriture e così via.
Essenza di famiglia
Per capire meglio le dinamiche che s’innescano in famiglia è interessante capire un fenomeno che sta nascendo di questi tempi: il cosiddetto Plant Parenting, ovvero l’affezionarsi alle piante come si farebbe con un animale da compagnia, considerando le essenze alla pari di membri della famiglia. Da ricerche di mercato effettuate di recente è emerso che, in buona sostanza, esistono due tipi di appassionati: i cosiddetti “coltivatori funzionali” e gli “umanizzatori”.
Gli “umanizzatori”
Questi ultimi tendono a riconoscere le piante come esseri viventi e quindi le amano per come sono e non per ciò che fanno. Questi ultimi tendono ad essere in maggior numero donne di età fra i 40 e 50 anni, che considerano l’occuparsi di una pianta, una fabbrica di emozioni positive: non a caso sono quelle persone che tendono a conservarle anche in condizioni non buone o non belle a vedersi, poiché privarsi della loro sopravvivenza sarebbe per loro un dispiacere. Sono persone che fra l’altro tendono ad utilizzare rimedi naturali evitando l’uso di fitosanitari e prodotti di sintesi, privilegiando anche riciclo e riuso dei materiali di risulta vegetali mettendoli in compostiera.
I “coltivatori funzionali”
I coltivatori funzionali, come dice il termine stesso, si focalizzano invece sul fatto che le piante abbiano una loro utilità nel migliorare l’ambiente, la qualità di vita, nel fornire cibo o decorazione. Puntano dunque di più a risultato di effetto, cercano di evitare colture troppo impegnative e vogliono beneficiare dei risultati del loro lavoro, godendo di un orto ben ricco o di un giardino di grande effetto. Tanto per dare qualche statistica, fra i “funzionali” ci sono molte donne over 50 e c’è una consistente presenza di uomini fra i 35 e 45 anni.
Malessere nascosto
Statistiche a parte, che spesso lasciano il tempo che trovano, l’aspetto che personalmente ritengo importante è che il verde stia sempre più diventando una faccenda di famiglia e non di un solo individuo più o meno portato. Anche il fatto che si stia andando verso un’umanizzazione delle piante non la vedo come una cosa così negativa, tralasciando ovviamente gli eccessi: se penso a come sono stato in pena per alcuni miei alberi la scorsa primavera, quando tardavano a rivegetare, non vedo molta differenza rispetto alla cura di una animale domestico. Diciamo che l’animale, diversamente dalla pianta, riesce a farci intuire il suo malessere, la fame, le sue condizioni di criticità; per le piante invece dobbiamo essere noi a stare attenti, a saper cogliere ogni piccola variazione, poiché loro non miagolano e non abbaiano e molto spesso quando ci accorgiamo del loro malessere è già troppo tardi.
Un rapporto win-win
Quindi non facciamone una questione di genere o di pollice verde: occuparsi delle piante è una faccenda di tutti, non solo nostra, ma anche di quelli che ci circondano. Se noi ci occupiamo di loro, ci ricambiano rendendo la nostra vita più bella e più sana.