“Per lungo tempo gli etologi e i behavioristi si sono fronteggiati per stabilire il setting migliore”
di Sabrina Giussani
Sabrina Giussani, medico veterinario di Busto Arsizio e past president di Sisca (Società italiana delle scienze del comportamento animale) parla dell’importanza dei dati scientifici
La base della scienza risiede nel cosiddetto “metodo scientifico o sperimentale” definito da Galileo Galilei (1564-1642).
L’esperimento scientifico produce dati a supporto di ipotesi pre-esistenti. Le teorie basate sui dati raccolti rimangono valide fino a che non si rilevano altri dati che le confutano; così facendo nascono nuove ipotesi che possono portare allo sviluppo di nuove teorie, più semplici oppure più affidabili. La metodica di organizzazione di un esperimento valido si costruisce seguendo il disegno sperimentale, le cui basi si fanno risalire a Sir Ronald A. Fisher (1890 – 1962). Le componenti fondamentali del disegno sperimentale sono 3: controllo degli errori, replicazione, randomizzazione. Un esperimento realizzato in modo corretto deve essere caratterizzato non solo da rigore metodologico, ma anche dalla giusta selezione dei soggetti. Quelli arruolati, infatti, devono essere omogenei e rappresentativi della popolazione, alla quale si devono riferire i risultati ottenuti.
Le informazioni in nostro possesso sul comportamento degli animali derivano da osservazioni realizzate da studiosi direttamente “sul campo” oppure in laboratorio.
Meglio l’ambiente naturale o il laboratorio?
Per lungo tempo gli etologi capitanati da Lorenz e i behavioristi da Skinner si sono fronteggiati per stabilire quale dei due setting, l’ambiente naturale o il laboratorio, fosse migliore al fine di definire, per esempio, l’etogramma di una specie.
Nel primo luogo l’animale è immerso nel suo habitat, ma le osservazioni realizzate non possono essere replicate sempre allo stesso modo, poiché le variabili da controllare sono numerose: la temperatura, il sole o la pioggia, la presenza di altri soggetti, i rumori e così via. In laboratorio, invece, ogni esperienza può essere ripetuta all’infinito con lo stesso setting e condizioni.
Il ruolo-chiave dell’osservatore
Il ruolo dell’osservatore è di fondamentale importanza in entrambe le modalità, poiché questa figura entra a far parte del sistema e, di conseguenza, lo influenza. Inoltre, l’osservatore “seleziona” i dati che devono essere raccolti.
Il panorama sperimentale cambia in modo sostanziale con l’avvento delle neuroscienze.
L’origine delle neuroscienze
Il termine “neuroscienze” deriva dalla parola inglese neurosciences, coniata nel 1962 da Schmitt. Le neuroscienze attingono da matematica, fisica, chimica, ingegneria, informatica, psicologia, medicina, biologia, filosofia: le barriere tra le diverse discipline scientifiche vengono eliminate per comprendere la complessità del funzionamento cerebrale.
I research data
Sono definiti research data le informazioni raccolte, osservate, generate o create per validare un risultato scientifico (Leeds, 2019): dati che risultano da osservazioni in tempo reale (non riproducibili), quelli generati da simulazioni, che derivano dalla compilazione di test, che provengono da contenitori di riferimento (come le banche dati). Gli articoli scientifici prodotti a partire dai research data devono essere raccolti seguendo il metodo sperimentale adeguato. Per ottenere questa informazione è necessario controllare le fonti d’informazione scegliendo le riviste scientifiche dotate del procedimento di peer review che prevede la presenza di un comitato editoriale e revisori esterni che stabiliscono se il percorso metodologico seguito è corretto.