Nel bel mezzo della campagna elettorale e in vista del ritorno sui banchi di scuola, in questo tempo sfidante che ci vede in bilico tra ottimismo e incertezza, a settembre 2022 riflettiamo sull’uso e, a volte, l’abuso del linguaggio
di Chiara L. Milani
Direttore responsabile
Ne sentiamo tante. A volte, troppe. Spesso, vuote. Che siano di tendenza o suonino sorpassate, non possiamo vivere senza. Anche se, nel bel mezzo della campagna elettorale, sovente vorremmo non sentirne più. Così, in vista della ripresa delle scuole, abbiamo deciso di dedicare il nostro numero di settembre alle parole. A tutto tondo. Per ricordarci di quanto siano fondamentali e riflettere su come usarle al meglio.
Messaggi d’attualità
Del resto, se pure i giochi con le parole hanno un pubblico sempre più vasto un motivo ci sarà. Ai nostri intervistarti e opinionisti abbiamo così chiesto approfondimenti che indagano in più direzioni: da quell’abilità che per i ricercatori costituisce una vera e propria “un’impronta digitale linguistica”, per chi crede è un dono divino e per molti è il segreto del successo anche imprenditoriale, fino ai disturbi nello sviluppo del linguaggio, sempre più diagnosticati tra gli studenti. Con uno sguardo privilegiato sulla poesia, con cui da sempre vengono decantati luoghi e persone e che può pure dare messaggi molto attuali, come testimoniano giovani di talento del territorio.
Non solo poesia
Il tutto ricordando anche il valore di quanto diffuso attraverso il teatro, le canzoni e la letteratura. Come evidenziato dalla quarta edizione della rassegna varesina Parola di donna, di cui in autunno VareseMese si conferma media partner. Senza dimenticare di sottolineare pure il merito della tradizione orale, come quella che permette di tramandare il cibo di strada così di moda. Nella consapevolezza che a volte si possa comunicare persino senza parole, attraverso il linguaggio dei fiori o quello degli animali.
I fatti valgono più delle parole?
Chi come noi di parole vive, non poteva poi dimenticare una riflessione pure su come cronisti e scrittori abbiano contribuito, per esempio, a far entrare i grandi atleti nel cuore del pubblico grazie al racconto delle loro imprese memorabili. Perché di colpe i giornalisti ne hanno tante per il loro uso delle parole. Ma a volte hanno pure qualche merito. Oltre che enormi responsabilità. Lo scriviamo come sprone a ricordarcelo bene, in questo tempo così sfidante. Pure in questo territorio operoso, che a volte tende a pensare in modo semplicistico che i fatti valgano più delle parole. Concentrandosi soltanto sui primi e scordando il ruolo fondamentale delle seconde. Mentre, come ci ricorda su questa rivista la sociolinguista Vera Gheno, la parola “non è un accessorio, qualcosa di collaterale alle nostre vite, ma ne è in un certo senso il centro. Ci sono tutta una serie di attività umane, di organizzazioni che sono possibili soltanto per il fatto che noi abbiamo la parola. Perciò usare male questo strumento potentissimo che abbiamo a disposizione è un po’ un peccato direi, ma forse anche qualcosa di più”. Già. Ecco perché, dopo la pausa estiva, a settembre abbiamo voluto tornare in stampa concentrandoci non su un argomento tra tanti. Bensì, sull’essenziale. Ora, a voi lettori la… parola.