Vietato sprecare il tempo libero: a ricordarlo è monsignor Claudio Livetti, già prevosto di Busto Arsizio, che ricorda i tempi in cui la settimana lavorativa era di 48 ore e non c’erano apparecchi domestici che aiutassero nello sbrigare le faccende di casa
di monsignor Claudio Livetti
A fine agosto il commento è: ”Le due settimane di vacanza si sono consumate come un soffio!”. Come il tempo degli innamorati e i 90 minuti di partita della squadra del cuore. Non è facile sdoganarsi dagli impegni talora stressanti della famiglia, del lavoro e dei legami sociali. Quando si riesce finalmente ad avere un po’ di tranquillità per pensare, per leggere, per fare sport, per riflettere e meditare, per dedicarsi ai propri hobby, per svelenarsi dall’attivismo stressante della quotidianità, si vorrebbe che l’orologio si fermasse. Ricordo però che quando ero ragazzo il tempo libero era ancora più ridotto, perché l’orario di lavoro in fabbrica e ufficio era di 48 ore settimanali e la fatica domestica imponeva di fare il bucato a mano e di lavare ancora a mano piatti, posate, bicchieri e stoviglie. Il tempo libero non è da sprecare, ma da vivere in pienezza. Propongo queste 3 immagini simboliche che mi sono venute in mente.
La strada
Può essere anche quella della città, coi suoi vicoli e le sue piazze, percorse accorgendosi della gente, che si sfiora di solito troppo in fretta senza guardarla. Può essere il sentiero di montagna, che presenta le sorprese meravigliose della natura e ossigena i polmoni pieni di smog. La strada è segno della vita in cammino, è desiderio di incontrarsi, dopo mesi in cui si è rimasti “cadregati” negli uffici o legati come schiavi alle macchine delle officine. Il cammino è simbolo di apertura, spezzando il rischio di rimanere chiusi in se stessi e diventare isolati e autoreferenziali. La strada offre la possibilità di incontrare la vita concreta: povertà e ricchezza, gioventù e vecchiaia. La strada permette di osservare non superficialmente la realtà da diversi punti di vista.
La parola
La nostra cultura l’ha mortificata, soffocandola con l’immagine: si guarda senza fatica e si parla a stento, ancora condizionati dalle immagini dominanti della pandemia, della guerra a pezzi nel mondo, della crisi economica. Parlare è possibile anche senza la fatica del camminare: si può fare in treno, in aereo, sul traghetto, sulla nave, in spiaggia… Si possono fare confidenze personali ad amici discreti e non chiacchieroni, comunicare preoccupazioni, sofferenze e disagi a chi può dare un consiglio oggettivo, utile e disinteressato. È bello trasmettere gioia per feste di promozione o di guarigione, stupore per una vita nuova che si sta dischiudendo nel grembo di una donna nel cerchio familiare o di amici. Può essere utile anche un “digiuno terapeutico dal telefonino” per parlare in faccia ad uno che ti guarda negli occhi.
La tavola
Sedersi a tavola è un rito quotidiano di ogni famiglia. Anche un banale tavolo di legno esprime desiderio di convivialità e possibilità di rapporti amichevoli e fraterni. Nei periodi dell’anno lavorativo solitamente sono stretti a tavola soltanto i membri del nucleo familiare, col piacere di condividere quanto disposto sulla mensa, poco o tanto, semplice o ricercato. Durante il tempo delle vacanze c’è maggiore possibilità di pranzare e cenare senza la consueta fretta, di partecipare alle tradizionali riunioni patriarcali di Ferragosto, di godersi grigliate con gli amici, di magnificare a qualche straniero occasionalmente commensale la meraviglia della cucina e della cantina italiana. La tavola sazia e soddisfa, ma anche interpella: qual è il “sapore” che tu dai sulla “tavola della convivenza umana”? Non puoi essere insignificante come un piatto mal condito!