di Marco D. Introini
Il gallaratese Marco Introini, nostro opinionista del pollice verde e appassionato di escursioni su due ruote, punta l’indice contro lo stato di molti tracciati e caldeggia una progettazione delle essenze lungo le ciclovie del territorio, in un’ottica paesaggistica di qualità
Quando si dice che non tutto il male viene per nuocere: fra i cambiamenti positivi, rimasti dal lungo periodo di lockdown, c’è di sicuro la maggior fruizione dei sentieri e delle piste ciclabili. Abbiamo infatti scoperto che, anche a pochi passi da casa, ci si può immergere nel verde e respirare a pieni polmoni, facendo lunghe passeggiate o delle belle sgambate fuori porta.
Quei bastoni tra le ruote
Una cosa che, però, penso non sia sfuggita agli occhi dei buoni osservatori, è la scarsa cura con cui vengono tenuti diversi sentieri e piste. Chiaramente è ben più piacevole frequentare posti puliti e ben curati, piuttosto che in stato di degrado, ma ciò purtroppo troppo spesso sul nostro territorio non avviene
Mea culpa
La prima cosa su cui riflettere è che siamo noi stessi gli artefici del nostro benessere, poiché se durante le nostre uscite evitiamo di sporcare o abbandonare rifiuti, così come di esagerare col rumore, di sicuro l’ecosistema ci ringrazia.
SOS manutenzione
La seconda è poi capire che una corretta manutenzione dei tracciati è indispensabile, ma questo chiaramente non compete al cittadino.
Quella “sottile” linea di confine
La provincia di Varese ha una rete di ciclabili di tutto rispetto, che di certo di recente è stata valorizzata rispetto al passato, ma che nel suo complesso meriterebbe più cura del verde. Basta frequentare, per esempio, la pista ciclabile della Valle Olona, per accorgersi che la linea di confine fra le manutenzioni eccellenti, e quelle meno che mediocri (per non dire nulle) è scandito dai cartelli di inizio e fine Comune. Alcuni di essi fanno sfalci periodici frequenti ed altri ne fanno pochi all’anno, soltanto quando ormai la situazione è fuori controllo.
Se a pagare il prezzo è l’ambiente
Da questo punto di vista una buona ed efficace pianificazione delle risorse potrebbe essere risolutiva, come potrebbe esserlo anche un ricorso ad una meccanizzazione più spinta, nei punti ove ciò è possibile, giusto per tenere un buon equilibrio dei costi. A tal proposito, cerchiamo di non cadere nel falso ecologismo di facciata, secondo cui tagliando erba delle ciclovie si rovinano gli ecosistemi: questi ultimi, infatti, si rovinano in ben altro modo. Per esempio girando con jeep da 35 quintali sui sentieri boschivi, cosa che mi è capitato spesso di vedere a cura di soggetti autorizzati a farlo per fini peraltro nobili, ma a spese dell’ambiente.
Progettazione da ripensare
Un altro aspetto di cui tenere conto è poi legato alla progettazione delle ciclovie, ai tracciati, agli ostacoli sui percorsi e soprattutto alle essenze che si potrebbero piantumare ai lati, in modo da offrire una migliore esperienza agli utenti: ovvero, non solo arbusti da foglia, ma anche da fiore, cercando di privilegiare alcune vedute, in un’ottica paesaggistica di qualità. Quante volte, infatti, sarà capitato anche a voi di vedere uno scorcio pregevole invaso da rovi o vegetazione spontanea?
Quando l’erba del vicino è davvero più verde
Basta fare qualche confronto con le ciclovie del Garda, o del Ponente Ligure, per rendersi conto della differenza, ma di sicuro ognuno di noi ha un metro di confronto.
Un territorio da valorizzare
Prima o poi tutti abbiamo passeggiato su un bel sentiero apprezzandone le peculiarità. Affinché ciò avvenga, però, non basta attrezzare un percorso: bisogna curarne assiduamente la manutenzione! Viviamo in una bella provincia, facciamo almeno lo sforzo di valorizzarla ogni giorno.
Foto: Cicloamatori nel verde (Ph Marco Introini)