Abbiamo spulciato tra i dati dell’Istat per analizzare le ragioni della competitività di questo settore produttivo: imprese più grandi, maggiore redditività per addetto, più incentivi ai lavoratori e proiezione verso l’estero. Di seguito i numeri salienti della puntata di maggio di Varese Inchieste, in onda ogni primo venerdì del mese alle 20.10 su Rete55 (canale 16)
di Chiara Milani
I dati parlano chiaro. Secondo l’Unione degli industriali della provincia di Varese, l’industria pesante sta vivendo una congiuntura positiva. Quasi due terzi (62,5%) delle imprese (meccaniche, siderurgiche, metallurgiche e fonderie) intervistate dall’Ufficio Studi Univa nel 2017 ha registrato una produzione in aumento e circa un terzo (31,4%) ha dichiarato livelli stabili. Davvero una buona notizia, calcolando che questo settore rappresenta da solo il 60% dell’export manifatturiero del Varesotto, quasi il 38% della compagine associativa di Univa e oltre il 42,4% degli addetti in essa impiegati.
Ma qual è il segreto di questo successo? Per cercare di capirlo, ci siamo basati su alcune rielaborazioni del Rapporto sulla competitività dei fattori produttivi dell’Istat (2018). Innanzitutto, guardando la dimensione media delle imprese, basato sul numero di addetti, si nota che nel manifatturiero in generale la media è 9,3, mentre nella meccanica in Italia è 19,8 e in Lombardia 17: aziende più grandi nel mercato globale sfruttano economie di scala e sono in grado di essere più efficienti. Non solo. Ogni addetto della meccanica (in particolare nella nostra regione) produce più reddito rispetto agli addetti degli altri: nella nostra nazione, il valore aggiunto per ognuno (in migliaia di euro) negli altri settori è infatti 58,8, mentre in questo è pari a 73 e nella realtà lombarda a 75,8. Terzo fattore da considerare, il costo del lavoro: più alto è e più ciò indica che i lavoratori sono produttivi e anche che le imprese adottano meccanismi di incentivazione opportuni. Ebbene, sempre in migliaia di euro, in generale è pari a 42,4, nella meccanica italiana 49,7 e in quella lombarda 51,2. Infine, ma non ultimo, la quota di fatturato esportato: essere proiettati verso l’estero è difatti cruciale, visto che la domanda internazionale è più vivace di quella domestica. Le percentuali in questo senso sono del 36,7% per la manifattura, 54 per il settore che stiamo prendendo in considerazione nel Belpaese e ben 67,4 nella regione che ha Milano come capoluogo.
La Lombardia dunque da sola rappresenta il 32 per cento delle unità produttive nazionali del settore, il 29.4% degli addetti e il 21% delle esportazioni. Ciò detto, non mancano aspetti critici: gli investimenti per addetto (6.1 in migliaia di euro) sono infatti superiori alla media nazionale (pari a 5.8), ma molte regioni fanno meglio della nostra.
In compenso, stando ai dati dell’Univa, è soprattutto l’andamento degli investimenti in industria 4.0 a dare il polso di uno scenario in forte fermento nel settore. Se ormai è un dato acquisito il fatto che il 52% del sistema manifatturiero del Varesotto abbia investito nel corso del 2017 in sistemi produttivi digitali, ciò che colpisce è che a far da traino è proprio il comparto meccanico e siderurgico. Qui sale al 60% la quota di aziende che ha utilizzato almeno uno strumento agevolativo messo a disposizione dal Piano Nazionale Impresa 4.0.
Le previsioni di Univa sono quindi improntate alla stabilità: il 71,3% delle imprese del campione dell’industria pesante si attende un mantenimento della produzione intorno ai valori attuali, il 22,4% si aspetta invece un aumento (queste ultime sono principalmente imprese della siderurgia e meccanica varia) e soltanto il 6,3% si aspetta un peggioramento. La dinamica del portafoglio ordini risulta più improntata alla stabilità: il 45,3% delle imprese intervistate dichiara ordini stabili, il 35,7% in aumento, il 19% in riduzione.
Bene, l’export. Le vendite all’estero del metalmeccanico hanno registrato una leggera crescita rispetto al 2016 (+2,3%). All’interno del settore si evidenziano però delle profonde differenze di risultato tra i diversi comparti. Le esportazioni aerospaziali trainano la crescita del commercio estero nel settore, registrando un +10,6% rispetto al 2016; cresce anche l’export di computer e prodotti di elettronica e ottica (+7,3%); dei prodotti della metallurgia (+7,7%) e degli autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (+1,1%); frenano i prodotti in metallo (-1%) e le apparecchiature elettriche (-3,7%). Restano invece abbastanza stabili i macchinari (-0,5%), sebbene le diverse categorie abbiano registrato andamenti molto diversi sia in termini di dinamiche, che di mercati di sbocco.