Della preoccupante situazione occupazionale della popolazione femminile abbiamo parlato con l’economista Massimiliano Serati e il cartoonist Tiziano Riverso nella nostra trasmissione tv in onda il primo venerdì del mese alle 20.15 su Rete 55
di Chiara Milani
Sono davvero in… crisi, le donne. Nel senso che sono nell’occhio del ciclone delle conseguenze della pandemia. Sul piano occupazionale. E, di conseguenza, sociale e psicologico.
Quel contesto ostile
Basti pensare che il 98% dei posti di lavoro persi lo scorso dicembre apparteneva a donne. E la situazione non migliora di molto dando uno sguardo all’intero 2020, come ricorda l’economista Massimiliano Serati, che sottolinea che nell’arco dei 12 mesi le donne sono state 3 delle 4 persone rimaste senza occupazione: “È difficile commentare questo dato senza fare una lunga storia. Per essere brevi, mettiamola in questi termini… da un lato c’è un tema di precarietà, di contratti di lavoro femminili e di difficoltà nel gestire contemporaneamente la vita familiare e quella professionale”. Con tristi conseguenze, come ricorda sempre l’esperto di statistiche: “Questo induce da un lato, molto spesso, a liberarsi più facilmente, consentitemi il termine delle donne che lavorano. Ma spinge anche le donne stesse a fare un passo indietro non appena la situazione familiare si complica o il clima economico nel suo complesso diventa più difficile”.
Vita da mamma
Uno scenario che, peraltro, non caratterizza soltanto l’Italia, anche se qui il problema è più sentito che altrove, nel mondo occidentale. Proprio in apertura del World Economic Forum di Davos, Oxfam, che è l’associazione che si occupa della lotta alle disuguaglianze, ha presentato una report secondo cui appunto a pagare il prezzo maggiore del “virus della disuguaglianza” – come l’hanno definito – è per l’appunto in tutto il mondo è la popolazione femminile. Stretta tra il lavoro domestico, sottopagato, e quello di cura di figli, malati e anziani, che non è non retribuito e che peraltro nel mondo impedisce a 4 donne su 10 di lavorare. In Italia, già nel 2018, l’11 per cento delle madri per prendersi cura dei figli non aveva mai potuto lavorare. Cioè, il triplo della media europea. Senza contare che 1 mamma su 2 di bambini under 15 da noi è stata costretta a modificare la propria vita professionale per conciliare lavoro e famiglia. E la pandemia non può appunto che aver peggiorato questo quadro, come dimostrano i dati dello scorso anno sul genere di chi ha perso l’occupazione.
Tempi lunghi e costi imponenti
Quali sono, dunque, le prospettive? “Partiamo dal presupposto che nel nostro Paese siamo gli ultimi di tutta l’Europa per il lavoro femminile. Quindi, la prima prospettiva che vedo e’ che il recupero parte da posizioni così arretrate che sarà un recupero lungo, faticoso, che richiederà tempo e soprattutto richiederà una visione d’insieme”, commenta il professore di Economia politica dell’Università Liuc Carlo Cattaneo di Castellanza: “L’Europa fa molto per il lavoro femminile, sia a livello diciamo di regolazione del mercato, sia di strumenti di supporto per l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro. Ma serve qualcosa di più in Italia, qualcosa che coinvolga non soltanto il mercato del lavoro, ma appunto la sfera familiare, la dimensione e l’approccio culturale del mondo del lavoro alla partecipazione femminile, la progettazione anche di modalità di lavoro compatibili con la gestione della vita familiare. Quindi, serve davvero un intervento a 360 gradi. E diciamo questo mi porta a pensare che i tempi e i costi saranno lunghi, i primi, e imponenti, i secondi”.
Una regione di anziani
Quanto alla Lombardia, a proposito di prospettive, secondo l’Osservatorio sul lavoro domestico, colf e badanti sono donne in quasi 9 casi su 10 e nel 2050, quando nella nostra regione ci saranno più ultraottantenni di under 14, il numero delle badanti è destinato ad aumentare. Chiediamo dunque in modo provocatorio al professor Serati se sia quindi a questo lavoro che devono ambire le bambine italiane che nascono oggi, anziché puntare sulle cosiddette Stem, ossia gli Studi scientifici, tecnologici, economici e matematici. “Assolutamente no”, risponde risoluto il nostro interlocutore: “Questo vorrebbe dire abdicare a una situazione già triste oggi e non fare altro che aggravare il futuro. Al contrario, le donne e anche gli uomini si concentrino giustamente sulle Stem che l’ambito che più genera/progresso e produttività e crescita economica nei paesi europei. Naturalmente la premessa che lei fa, quella sull’ulteriore invecchiamento della popolazione, comunque evoca un’altra dimensione problematica, perché comunque dei nostri anziani qualcuno si dovrà occupare e qui può porsi un tema già affrontato nei Paesi Nordici della nobilitazione della figura della badante. È una nobilitazione che l’avvicina sempre più a un’infermiera professionale e quindi l’arricchisce in termini di reddito, ma anche di status nonché di competenze. Mentre oggi in Italia è concepita come una figura di ripiego”.
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Presente
98%
I posti di lavoro occupati da donne persi lo scorso dicembre secondo l’Istat. In totale, nel 2020 sono stati 3 su 4
40%
4 donne su dieci nel mondo non possono lavorare a causa di lavoro domestico e cura di figli, genitori e malati
90%
Secondo l’Osservatorio sul lavoro domestico, in Lombardia colf e badanti sono donne in quasi 9 casi su 10
1/5
Secondo la Camera di Commercio di Varese, qui le imprese gestite da imprenditrici sono il 20,7% del totale provinciale
-21%
Le iscrizioni di attività femminili sono passate dalle 987 del 2019 alle 781 del 2020
Passato e futuro
11%
In Italia, già nel 2018, questa era la percentuale delle madri che per prendersi cura dei figli non aveva mai potuto lavorare.
X3
Già prima della crisi da pandemia, la percentuale di mamme italiane costretta a non lavorare era il triplo della media europea.
50%
1 mamma su 2 di bambini under 15 da noi è stata costretta a modificare la propria vita professionale per conciliare lavoro e famiglia
2050
Nella nostra regione ci saranno più ultraottantenni di under 14 e dunque il numero delle badanti è destinato ad aumentare