Cambio di marcia

di admin

Luigi Cazzola, il “decano” tra i collaboratori della nostra testata ancora in attività, racconta come si è evoluto il ciclismo dalla fondazione del nostro mensile a oggi

“Questo sport ora è più tecnico, ma pur sempre figlio della fatica”

Nell’aprile del 1983, quando veniva pubblicato il primo numero di VareseMese, la maglia di campione del mondo di ciclismo professionisti su strada era indossata da Beppe Saronni e l’Italia del ciclismo era divisa in due. Da una parte vi erano i  sostenitori del lombardo  Beppe Saronni, fresco campione del mondo e, dall’altra parte vi erano i sostenitori  di Francesco Moser, il corridore trentino che, invece, la maglia iridata l’aveva conquistata qualche anno prima. L’appassionato di ciclismo, il quale negli anni Settanta si era abituato al predominio, quasi assolutistico di un corridore, il belga Eddy Merckx, detto Il cannibale, aveva riscoperto negli anni Ottanta il piacere di vivere un sano dualismo come ai tempi di Coppi e Bartali

L’Italia divisa tra moseriani e saronniani

Negli anni Quaranta e Cinquanta o si era Coppiani o si era Bartaliani, mentre nel 1983 o si era Moseriani o si era Saronniani, non si poteva tifare entrambi. Il ciclismo degli anni di Saronni e Moser pur avendo fatto notevoli passi avanti rispetto a quello dell’epoca di Fausto Coppi e Gino Bartali  è, a sua volta, completamente diverso da quello attuale. 

Quando la storia cambiò

Infatti, grandissime novità hanno contraddistinto il ciclismo dopo l’aprile del 1983. Fino ad allora i campioni di ciclismo su strada erano stati sempre europei, mentre, invece, nell’agosto 1983, un americano e precisamente uno statunitense, Greg Lemond, si laureava campione del mondo su strada professionisti e poi nel luglio del 1986 riusciva a vincere  anche il Tour de France

La nuova bicicletta

Inoltre, nel 1990, è stato organizzato negli Stati Uniti il primo campionato del mondo di mountain bike. Letteralmente: bicicletta da montagna. Essa ha rappresentato una novità molto importante, a partire dalla metà degli anni Ottanta, non soltanto per il ciclismo agonistico, ma anche per quello amatoriale. Infatti la mountain bike, essendo strutturata in modo tale da permettere ai ciclisti di muoversi in modo agevole anche al di fuori delle strade asfaltate e di scoprire le bellezze della natura, nel corso degli anni, è diventata una due ruote molto usata. 

La due ruote diventa più leggera

Per quanto riguarda quella da strada, a partire dall’aprile del 1983, essa ha avuto una notevole evoluzione, diventando molto più leggera, per via dell’introduzione della fibra di carbonio, e più pratica e sicura, con l’introduzione dei pedali automatici. 

Cambio di look

Una grande evoluzione ha avuto, dopo il 1983, anche l’abbigliamento da ciclismo. Beppe Saronni e Francesco Moser non indossavano più le pesanti maglie di lana di Coppi e Bartali, ma anche rispetto a loro, i corridori di oggi hanno completamente cambiato look. A partire dal 1983 sono stati introdotti maglie e pantaloncini aderenti al corpo ed oggi l’abbigliamento da ciclismo è diventato molto tecnico e specializzato, con tessuti altamente traspiranti. L’abbigliamento da ciclismo non è soltanto funzionale, ma anche esteticamente interessante e le squadre professionistiche prediligono maglie con colori sgargianti. I cappellini, in passato oggetti di culto per gli appassionati di ciclismo ed in particolare per i collezionisti, oggi non sono più usati durante la gara, a causa dell’obbligo dell’uso dei caschi, per ragioni di sicurezza. I guanti nei primi anni Ottanta erano utili per proteggere le mani in caso di cadute, ma erano piuttosto anonimi dal punto di vista estetico, mentre oggi, pur mantenendo le funzioni di utilità, rappresentano una riproduzione in miniatura della maglia della squadra. Le scarpe, in quel decennio, erano ancora in cuoio nero ed erano piuttosto rigide. Oggi sono colorate, elastiche e progettate per fornire un supporto adeguato al piede e per migliorare la trasmissione della forza sui pedali. 

Stessa passione

Il ciclismo è sicuramente cambiato, ma non è cambiata la passione per questo sport, che è diventato più tecnico, ma è sempre rimasto figlio della fatica.

Didascalia foto: L’americano Greg Lemond, il quale è stato il primo corridore non europeo a diventare  campione del mondo su strada professionisti e a vincere il Tour de France (Foto Benati)

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